“Pochi docenti e 40 alunni in una sola classe”


Giuseppe Rizzo


…ma per la Gelmini tutto è “regolare”. Le campanelle che sono suonate per riportare in classe decine di migliaia di ragazzi hanno risvegliato molti dal torpore indotto dall’ennesima favola berlusconiana…


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"Pochi docenti e 40 alunni in una sola classe"

Le campanelle che sono suonate per riportare in classe decine di migliaia di ragazzi hanno risvegliato molti dal torpore indotto dall’ennesima favola berlusconiana, quella di una scuola perfetta, un luogo che il premier, per mano del suo ministro Gelmini, avrebbe reso paradisiaco, pieno di ultimi ritrovati tecnologici e percorsi didattici all’avanguardia.

Ma già fin dalla prima ora di lezioni è stato evidente che quando il ministro parlava di “selezioni meritocratiche degli insegnanti” intendeva mandare a casa i precari e ridurre la didattica, quando prometteva risorse in verità nascondeva tagli. E sembra di sentirle le voci spezzate, arrabbiate, sconfortate di insegnanti e genitori che a centinaia ci hanno scritto per denunciare una scuola in ginocchio.

Milena Guadagno, da Salerno, fa due più due e crede di aver capito cosa la Gelmini intenda per “meritocrazia”: «Trentotto alunni più disabile nella stessa aula: la scuola della meritocrazia». Sempre dalla Campania fa sentire la sua anche Marina Palumbo: «Io denuncio una situazione ancora più terrificante, i tagli ai docenti di sostegno, in una scuola con 40 alunni diversamente abili dovremmo coprire i posti con solo 14 docenti, il governo taglia i diritti di istruzione e formazione anche a chi ne avrebbe più bisogno».

Situazione simile in provincia di Agrigento: «A Licata – scrive Emma Giannì – ce ne sono 2, di prime superiori, con 40 alunni, e 2 con 35, come gestirli?». Davanti i cancelli delle elementari i problemi, se possibile, si moltiplicano. «Ho visto bambini – scrive sulla nostra pagina Facebook Roberto Zannini – con carta igenica, scatole di gessetti, cancellini per la lavagna e risme di carta da portare a scuola, e dopo? Ma dove stiamo andando? Ogni regime ha voluto un popolo ignorante colpendo sempre le scuole, ogni regime taglia l'istruzione, perchè l'istruzione fa paura al regime!».

E se è vero, come è vero, che in quegli anni lì si formano personalità e visioni della vita, chissà cosa si è impresso negli occhi delle due bambine di Francesca: « Primo giorno di scuola delle mie figlie: quinta elementare e prima elementare. Emozione, attesa e… tanta tristezza. Tristezza per il prato incolto, tristezza per la classe che ospiterà la prima senza tende, con i vetri sporchi, senza gesso né cancellino, con la sala computer senza computer, e soprattutto senza maestre. Abbiamo una maestra di ruolo che farà italiano e inglese (sempre sperando che lo sappia!), una maestra non ancora assegnata che farà matematica, una maestra "di supporto" e una maestra che farà geografia. Dal maestro unico siamo passati allo spezzatino di maestre».

Dall’altro lato della cattedra, la situazione non è meno problematica. Maria Luisa Militello scrive: «Precaria da anni, oggi sono passata vicino alla scuola elementare di Padova dove mi è capitato di insegnare l’anno scorso. Un nodo mi si è formato in gola, a vedere i miei ragazzi, le mie bambine, le tante ore passate con loro a fornirgli le conoscenze base su cui formeranno la loro futura cultura. Finora, per me, nessuna chiamata. Sono siciliana, ho deciso comunque di trasferirmi in Veneto, lontana dai miei affetti, per provare la sorte anche quest’anno, anche se le prospettive sono nerissime».

Le fa eco Francesca, supplente Ata, che a 51 anni si ritrova ancora precaria: «Per molti ragazzi è stato il primo giorno di scuola, e lo è stato anche per me, che ho 51 anni e sono una supplente ATA, costretta quindi a cambiare scuola ogni anno e a svolgere un lavoro completamene diverso ogni anno. Tutto ciò a discapito di chi vive la scuola. Quelle che il Ministro racconta sono le sue verità, perchè l'assorbimento dei precari è previsto nella misura di una parte dei pensionamenti e non delle necessità delle scuole, che nel tempo si sono viste triplicare il lavoro e dimezzare il personale».

Fonte: l'Unità

13 settembre 2010

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