Oggi Giornata del Migrante e Rifugiato


La redazione


Domenica 27 settembre – «Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni» è il tema della 106ª «Giornata mondiale del migrante e del rifugiato» dedicata quest’anno in particolare ai cosiddetti «sfollati interni» per ribadire l’importanza dell’accoglienza


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«Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni» è il tema della 106ª «Giornata mondiale del migrante e del rifugiato» del 27 settembre 2020 dedicata quest’anno in particolare ai cosiddetti «sfollati interni» per ribadire l’importanza dell’accoglienza. Si tratta di «conoscere per comprendere; farsi prossimi per servire; ascoltare per riconciliarsi; condividere per crescere; coinvolgere per promuovere; collaborare per costruire».

«La pandemia non faccia dimenticare gli sfollati», esorta Papa Francesco esorta. Una «tragica condizione, spesso invisibile,quella degli sfollati. Nei loro volti si riflette quello di Gesù profugo». È la Giornata più antica celebrata dalla Chiesa: dal 1914, prima ancora che l’Italia scendesse nella Grande Guerra. «Non dimentichiamo gli sfollatie coloro che vivono esperienze di precarietà, abbandono, emarginazione e rifiuto: come Gesù, sono costretti a fuggire».

Gli sfollati interni nel mondo sono40-50 milioni: sono provocati da guerre, conflitti, disastri ambientali e ora anche dalla pandemia. Una tragica condizione di sfollato e profugo «è sperimentata dal piccolo Gesù con i suoi genitori nella fuga in Egitto»: scappano di fronte alla persecuzione del potente Erode che vuole ammazzare il Bambino. In ciascun sfollato «è presente Gesù costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Nei loro volti riconosciamo il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato». Queste persone «ci offrono un incontro con il Signore, anche se i nostri occhi fanno fatica a riconoscerlo: vestiti rotti, piedi sporchi, volto deformato, corpo piagato, non sanno parlare la nostra lingua».

Spesso ci si ferma ai numeri, ma non sono numeri, «sono persone». La conoscenza è il primo passo, necessario per la comprensione. Tutto questo sembra scontato ma non lo è: «Spesso le paure e i pregiudizi – tanti pregiudizi – ci fanno mantenere le distanze, ci impediscono di “farci prossimi”».

Si moltiplicano i messaggi «ma si perde l’attitudine ad ascoltare». Quest’anno «per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade. Un silenzio drammatico e inquietante, che ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del Pianeta gravemente malato». Dio non vuole che le risorse della Terra siano «a beneficio solo di alcuni. Dobbiamo imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori e dietro nessuno. La pandemia ci ricorda come siamo tutti sulla stessa barca e che nessuno si salva da solo. Perciò, per crescere insieme è necessario condividere ciò che abbiamo, come quel ragazzo che offrì a Gesù cinque pani d’orzo e due pesci e bastarono per cinquemila persone».

Il coronavirus «ci ricorda quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti, anche delle categorie sottovalutate, è possibile affrontare la crisi».

Il 27 marzo scorso, in quel momento straordinario di preghiera in piazza San Pietro vuota e battuta dalla pioggia, Papa Bergoglio disse: «Troviamo il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà».Oggi aggiunge: «Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno».

Bellissima la preghiera a Dio Padre: «Tu hai affidato a San Giuseppe ciò che avevi di più prezioso: il Bambino Gesù e sua madre, per proteggerli dai pericoli e dalle minacce dei malvagi. Lui, che ha provato la sofferenza di chi fugge a causa dell’odio dei potenti, fa’ che possa confortare e proteggere quei fratelli e sorelle che lasciano la casa e la terra per mettersi in cammino come profughi».La preoccupazione personale e pastorale di Bergoglio va dunque a una grande porzione di persone in mobilità che rimangono nel proprio territorio nazionale.

Perché chi si dice cristiano e chi sventola nei comizi rosari, crocifissi e immaginette della Madonna deve interessarsi degli immigrati e degli sfollati interni? Per un motivo semplicissimo, per una «ragione cristologica» suggerita dal Vangelo di Matteo 25,35: (dice Gesù) «Ero forestiero e tu mi hai accolto».

27 settembre 2020
La Voce e il Tempo

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