Noi ci abbiamo provato


Piero Piraccini


“Nulla mi aspetto dalla vita e nulla rimpiango del passato. Cerco solo libertà e pace”, scandisce recitando il poeta russo Lermontov. “E cosa scriverebbe sulla sua tomba?” Dopo un breve silenzio, riprendendo l’epitaffio di un amico, risponde: “Noi ci abbiamo provato”. Così il vecchio Nobel per la Pace, Gorbaciov, intervistato dal regista Herzog in un […]


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“Nulla mi aspetto dalla vita e nulla rimpiango del passato. Cerco solo libertà e pace”, scandisce recitando il poeta russo Lermontov.

“E cosa scriverebbe sulla sua tomba?” Dopo un breve silenzio, riprendendo l’epitaffio di un amico, risponde: “Noi ci abbiamo provato”. Così il vecchio Nobel per la Pace, Gorbaciov, intervistato dal regista Herzog in un colloquio toccante (“Quando Raissa è morta, la mia vita se n’è andata”) e amaro sulla fine dell’URSS (“Rimpiango di aver firmato. E’ il mio incubo quotidiano”). Una biografia umana e politica di un personaggio carismatico e triste, stimato in occidente, detestato in patria, che ha spaziato la storia irripetibile di un secolo, che ha sognato un mondo nuovo, senza confini, e ne ha visto la sconfitta.

Alcuni anni fa, in un colloquio con uno dei politici più vicini a Berlinguer, Adalberto Minucci – doveva presentare da noi il suo libro “Comunismo, illusione e realtà” – mi raccontò di aver ospitato nella sua casa Gorbaciov, allora sconosciuto. La moglie Lucetta era nata a Mosca ed era di madre russa, quindi si poteva parlare la stessa lingua nell’incontro coi dirigenti del PCI. Raccontai a Minucci di quando a Milano, nel 1993, avevo partecipato all’incontro organizzato dalla Comunità di S. Egidio e dal Cardinale Martini, “Terra degli uomini, invocazioni a Dio”. Vi erano rappresentanti delle grandi religioni monoteiste, uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo. L’ospite d’onore cui era affidato il discorso introduttivo, quello più importante, era proprio lui: Gorbaciov. Non aveva più cariche – l’URSS non esisteva più – ma la piazza del Teatro alla Scala, sede del convegno, era stracolma mentre il suo ingresso – mano nella mano con la moglie Raissa, gli occhi di una grande lucentezza – fu accompagnato da un lungo applauso così come molti passi del suo discorso.

Unico il filo conduttore: la civiltà che si è formata nei secoli, quest’umanità posta fra due millenni, si è accorta che può finire. Il rapporto fra uomo e ambiente è distruttivo. Il mondo è un tutto unico, non scindibile, dunque servono azioni comuni mondiali che devono avere il disarmo, a partire da quello nucleare, e la pace come strumento e fine.

Concetto già ribadito alcuni anni prima all’ONU: la pace è un obiettivo rivoluzionario, accompagnato dall’idea che è necessaria “una rete universale per la cooperazione sanitaria delle malattie più pericolose”. (“Una parola gloriosa che viene fra noi tra le più grandi eredità del comunismo e ancora più dell’umanesimo, è l’Internazionalismo” scrive R. La Valle).

Di questo si parlò con Minucci, e della fine di quel sogno per il quale Gorbaciov ha speso la sua vita. Ma il leader che pose fine alla Guerra fredda non si pente delle sue scelte: “Non si può negare la libertà”.

Oggi compie 90 anni. Il suo è un volto segnato dall’età, deformato dalle malattie, solcato dalle ferite della Storia, in particolare dall’accordo violato – da Bush fino a Obama – in base al quale la Russia rinunciava all’egemonia sull’Europa orientale ma gli USA non avrebbero allargato la loro influenza su quella regione.

Promesse scritte sulla sabbia: già prima della crisi russo-ucraina, provocata da Washington, Berlino e Varsavia, la Federazione Russa si trovò accerchiata da un cordone di Paesi-Nato simile a quello che le Potenze occidentali avevano steso attorno alla Russia bolscevica nel 1919.

E così in seguito alla scomparsa dell’URSS, parti del mondo vivono guerre e terrorismo. Quel terrorismo che ha tolto la vita a Luca Attanasio, ambasciatore in Congo, e Vittorio Iacovacci, sua guardia del corpo, lì presenti per alleviare per quanto possibile le ferite create da un colonialismo che pretendeva di esportare la civiltà. (Oggi, la democrazia. Perché nulla cambia). “Condividevamo tutto perciò anche le rispettive religioni: frequentavo i riti cattolici e lui partecipava ai riti islamici. Alle figlie abbiamo sempre letto sia la Bibbia che il Corano”. Così scrive, con serena tristezza, Zakia Seddiki, vedova dell’ambasciatore.

Piero Piraccini
14 aprile 2021

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