Netanyahu: Palestina sì, ma disarmata. E Gerusalemme è la nostra capitale


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


La risposta a Obama: Sì al dialogo, no al ritorno dei profughi e al congelamento delle colonie. Le reazioni L’Anp palestinese: così si silura la pace. Obama: è un importante passo avanti.


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Netanyahu: Palestina sì, ma disarmata. E Gerusalemme è la nostra capitale

Teso in volto, visibilmente emozionato, Benjamin “Bibi” Netanyahu sa di avere addosso gli occhi di un’intera nazione. Sa, il primo ministro d’Israele, che ogni parola, ogni silenzio, del suo discorso saranno oggetto di discussione nel Paese, in Medio Oriente, negli Usa. Dall’Università Bar-Ilan di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu delinea il suo «nuovo inizio». È la risposta a Barack Obama. “Bibi” esorta i dirigenti palestinesi a riprendere subito i negoziati di pace, senza precondizioni. Israele, assicura, si sente vincolato dagli accordi sottoscritti in passato. «Non c’è un solo israeliano che vuole la guerra», scandisce il premier.

STATO SMILITARIZZATO
Netanyahu rivolge un appello anche ai leader dei Paesi arabi allo scopo di dar vita ad incontri diretti di pace, nelle loro rispettive capitali o anche a Gerusalemme. «Sono molto a favore dell’idea della pace regionale, avanzata dal presidente Barack Obama», afferma il premier israeliano. Ma il punto chiave del suo discorso, quello destinato a lasciare il segno, riguarda lo Stato palestinese. “Bibi” non lo nega ma ne definisce i caratteri. Un futuro Stato palestinese dovrà essere smilitarizzato. «Non possiamo accettare uno Stato palestinese armato… un Hamastan», afferma Netanyahu. Nel contesto di accordi di pace, Israele esigerà dunque in merito garanzie precise. «Siamo disposti ad accettare uno Stato palestinese smilitarizzato, accanto ad uno Stato ebraico» riconosciuto dai palestinesi, dichiara il premier israeliano. Un concetto, quest’ultimo, su cui “Bibi” torna nel suo discorso. Una condizione fondamentale per la pace è che i dirigenti palestinesi riconoscano Israele come Stato nazionale del popolo ebraico, insiste Netanyahu. La soluzione della questione dei profughi palestinesi, inoltre, deve avvenire al di fuori dei confini di Israele, puntualizza.

LA QUESTIONE DI GERUSALEMME
Chiusura secca su Gerusalemme, il cui status non è negoziabile. Gerusalemme deve restare la capitale indivisibile dello Stato di Israele, ribadisce il leader del Likud. Quello di Netanyahu è un discorso abile, preparato in ogni dettaglio. È un tentativo di tenere assieme gli opposti: non scontentare il presidente Usa e al tempo stesso non vedere entrare in crisi una coalizione di governo dove è preponderante la forza della destra nazionalista.

LE CONDIZIONI DI BIBI
Israele si attende dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che riporti l’ordine nella Striscia di Gaza (che da tre anni è sotto esclusivo controllo di Hamas). «Non siamo disposti a sedere a un tavolo con terroristi che vogliono distruggerci», sottolinea Netanyahu riferendosi a Hamas. Il premier sa che Washington chiede a Israele parole chiare, ed atti concreti conseguenti, su una questione cruciale: gli insediamenti. Qui l’equilibrismo del premier non regge. Nel suo discorso Netanyahu fa solo un breve riferimento alla questione delle colonie, malgrado i ripetuti appelli giunti dagli Stati Uniti per un preciso impegno al loro congelamento. «La questione territoriale – spiega – sarà discussa negli accordi definitivi. Fino ad allora non aggiungeremo nuovi insediamenti». Riferendosi ai coloni, Netanyahu dice che essi sono «nostri fratelli e sorelle» con i quali è necessario raggiungere una concordia nazionale.

NESSUNO STOP ALLE COLONIE
All’interno delle colonie già esistenti la vita continuerà regolarmente, assicura il premier, escludendo così di fatto il loro congelamento. Lo sguardo del premier si volge verso Teheran. Un Iran dotato di armi atomiche costituirebbe «la peggiore minaccia per Israele, il Medio Oriente e il mondo interno», avverte. «Nei miei prossimi viaggi mi adopererò per cercare di costituire una coalizione internazionale contro l’arsenale atomico dell’Iran», annuncia “Bibi”. Netanyahu non ha ancora terminato di parlare, che da Ramallah arriva la prima reazione dell’Anp. Negativa. Nabil Abu Rudeineh, portavoce di Abu Mazen, accusa il premier israeliano di «silurare» con il suo discorso tutti gli sforzi di pace. In particolare, Abu Rudeineh critica le parole del primo ministro israeliano su Gerusalemme («deve rimanere la capitale indivisibile di Israele») e sui profughi palestinesi («il problema va risolto fuori dal territorio di Israele»). Durissimo è il commento che giunge da Gaza. Hamas denuncia l’ideologia «razzista ed estremista» emersa dal discorso di Netanyahu. Ma dagli Stati uniti il commento non è negativo. Il protavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha dichiarato che per il Presidente Obana l’impegno di Netanyahu sui due Stati è «un grosso passo avanti».

Fonte: l'Unità

15 giugno 2009

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