Lettera di un’immigrata all’Italia


Amalia Hilda Tobar Barrionuevo


Amalia scrive: "Oggi mi sento triste, Italia, mai come oggi mi sento straniera e per di più indesiderata. Ben pochi capiscono cosa significhi dover andare in questura per chiedere il permesso di restare in questa terra con il rischio di essere cacciata… ed io Italia? Qual’è casa mia? Non lo so più".


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Lettera di un'immigrata all'Italia

Cara Italia, ti scrivo perché ho bisogno di raccontarti come mi sento.
Tu sai che mi sento italiana anche se non lo sono, sono arrivata qui da te a sette anni, all'inizio è stata dura, gli stranieri nell'86 a Solofra erano pochi e così mi sono dovuta subire le frasi razziste dei compagni di scuola, ma un po' alla volta hanno accettato me e tutta la mia famiglia. Alle scuole medie ho incontrato una prof di storia che odiavo, ma che mi ha trasmesso l'amore per la città e la nazione in cui vivo, così ho trascorso gran parte dei miei anni a battermi per migliorare le cose in questa società. Però oggi mi sento triste, Italia, mai come oggi mi sento straniera e per di più indesiderata. Tra i miei amici ben pochi capiscono cosa significhi dover andare in questura per chiedere il permesso di restare in questa terra, loro non corrono il richio di vedersi sbattere oltre frontiera perché questa è casa loro…ed io Italia? Qual'è casa mia? Non lo so più.
L'Argentina l'ho lasciata piccola e in pratica non la conosco, io conosco solo te Italia, è qua che ho studiato, vissuto, amato e pianto; eppure tra qualche mese forse dovrò fare un test per vedere se ti conosco un abbastanza.
Italia, diglielo tu ai poliziotti, Maroni e Berlusconi quanto ti conosco. Gli puoi dire tu, Italia, quanto ti ami e quanto mi faccia male sentirmi disprezzata da questo nuovo decreto sulla sicurezza?
Io non ho parole per descriverti il mio stato d'animo, ma di certo ora capisco come si sentivano gli ebrei a dover portare la stella sul braccio, tra quanto mi costringeranno a mettere un segno identificativo? Mi sento umiliata, privata della mia dignità di persona, sono diversa dagli amici con cui sono cresciuta solo perché nata in un'altra nazione e per questo motivo devo essere controllata: impronte digitali, fotografia, firma, 200 euro, il permesso di soggiorno a portata di mano.
Sempre più forte un senso di precarietà esistenziale mi invade l'anima, una salute sempre più vacillante, la mancanza di un lavoro, lo status di immigrata che sembra trasformarsi in status di ospite indesiderata.
Italia, perché mi fanno questo, perché mi trattano così? Che cos'ho di diverso? Italia mi sai spiegare il motivo di questo odio nei miei confronti da parte degli elettori di Berlusconi?
Hanno forse dimenticato che tanti tuoi figli sono sparsi per il mondo?
Non è che tu riesci a spiegare loro che tutto questo non è giusto? Italia, dì loro che il razzismo in ogni sua forma è un pericolo per la democrazia in ogni luogo esso venga applicato, curare i mali della società fomentando l'odio verso determinate categorie è un abbietto modo per evitare di risolvere davvero i problemi, in questo modo si fornisce un alibi, un capro espiatorio da perseguitare dandogli la colpa di ogni male. Dì loro, Italia, che il razzismo trova sempre nuovi capri espiatori, così ci si infila in una spirale di odio molto pericolosa per tutti, oggi tocca agli immigrati come me,domani potrebbe toccare a qualcun altro. Ho paura, Italia, sarà perché ho studiato troppo e ricordo che
in principio furono gli ebrei poi furono i polacchi, gay, cattolici, disabili……Italia, non credi anche tu in una nazione come te dove i governanti tengono in scarsa considerazione le fasce deboli della società e dove a contare è sempre e solo il profitto leggi di questo tipo siano molto pericolose?
Cerca di parlare ai cuori e alle menti dei tuoi figli, Italia, insegnagli a non pensare più con la pancia…

Fonte: Il Manifesto

7 luglio 2009

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