La politica, vista da una gru, appare piccola piccola


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E’ il TG 3 l’unico che titola sulla giornata di estrema tensione a Brescia con sgombri forzati, fermi, cariche, arresti sotto la gru degli extracomunitari che manifestano da 10 giorni per ottenere il permesso di soggiorno.


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La politica, vista da una gru, appare piccola piccola

La politica con il “day after”  dell’intervento di Fini in Umbria, le polemiche sul Forum della famiglia, le distruzioni per le alluvioni nel nord est, le reazioni dopo i crolli a Pompei: tanta carne al fuoco, cucinata dalle diverse testate nelle edizioni di prime time con i consueti stilemi  e le consuete spezie. Per la politica,  soddisfazione per la conferma dell’asse Lega-Berlusconi su Studio Aperto e TG 4,  molti interrogativi per TG 3 e Tg la 7, ospitata in studio per il Tg1 del leader dell UDC Casini. Il Tg 2 fa in tempo a riportare nei titoli la dichiarazione di Napolitano sull’esigenza di approvare la legge di stabilità.  Buoni i servizi del TG 1 su maltempo nel nord est e Pompei.
Una serata ordinaria, dunque, nella quale spicca la consueta riluttanza assai diffusa a prendere atto del sociale. E’ il TG 3 l’unico che titola sulla giornata di estrema tensione a Brescia  con sgombri forzati,   fermi, cariche, arresti  sotto la gru degli extracomunitari che manifestano da 10 giorni per ottenere il permesso di soggiorno, dopo essere stati gabbati da imprenditori truffaldini o beffati da un fermo che li ha identificati come clandestini. Segnaliamo che sono almeno diecimila- approssimazione per difetto – i cittadini stranieri che si trovano in questa assurda condizione. Della questione si occupano in  fondo alle singole edizioni anche il Tg La 7 ed il Tg 1, mentre il TG 5 se la cava con una notizia da studio.  A noi appariva una notizia centrale, dal valore concreto, oggettivo, ma anche simbolico. Nel commento ne parliamo con Manuel  Colosio, redattore di Radio Onda d’urto di Brescia, i cui colleghi sono stati tra quelli strattonati, caricati e fermati. Loro erano lì, a seguire in diretta un evento che doveva essere seguito.
Studio Aperto e TG 3 si occupano fin dai titoli del giornalista d’opposizione picchiato in Russia; Mentana racconto di uno scontro tra il neo segretario della CGIL Camusso e la FIOM.
Emilio Fede, infine,  “scopre” che l’amore ha una sua gestualità.

Il Commento di Manuel Colosio, redattore di "Radio Onda d'Urto".

(intervista di Alberto Baldazzi)

Manuel Colosio, redattore di “Radio onda d’urto” a Brescia: una giornata particolare, particolarissima e carica di tensioni che non hanno senso. Che cosa è successo, in sintesi? Qual è la lettura che si può dare di queste dodici ore particolarissime?
“Quello che è successo, in sintesi, è che la politica, invece di dare risposte a livello (appunto) politico, le dà andando a cercare di negare la possibilità di esprimersi e di far conoscere le notizie, come nel nostro caso dove i nostri redattori e collaboratori sono stati fermati questa mattina perché stavano facendo il loro lavoro in piazza. Stavano documentando quanto stava accadendo, ovvero un’azione di polizia che cercava di sgomberare il presidio sotto la gru ormai diventata l’icona per la richiesta di sanatoria del permesso di soggiorno degli immigrati in Italia (che se la sono vista negare nel 2009). Loro erano lì a documentare un’azione di polizia, ma sono rientrati nello stesso sgombero, voluto e deciso dalla polizia di Stato, dal comitato per l’ordine pubblico di Brescia e Provincia e dal Ministero degli interni (dato l’ingente numero di forze di polizia, giunte anche da fuori provincia e regione per l’occasione)”.

Manuel, la situazione è, ancora i queste ore, militarizzata. Ma “militarizzata” contro chi e contro che? In fondo, lì non c’è una manifestazione  di antagonismo sociale: c’è una solidarietà verso un problema, che è quello a tutti caro (almeno a livello delle parole), quello del lavoro …

“Probabilmente è proprio per questo che si effettua questo tipo di militarizzazione: è un qualcosa di estremamente diverso da ciò che, di solito, strumentalmente, si può utilizzare anche con gli altri media. Si trovano di fronte persone che, oggi, non hanno dei diritti: persone che oggi sono costrette ad essere sfruttate perché non hanno un permesso di soggiorno per poter, legalmente, cercarsi un lavoro in questo paese, e quindi l’unica cosa che gli rimane è essere sfruttati nelle aziende in nero, essere sfruttati nei campi di lavoro nel mantovano e nel bresciano durante l’anno, perché non hanno diritti. Non hanno diritti, non hanno rivendicazioni, non hanno nulla salvo il loro corpo e se escono di casa e vanno fuori rischiano pure d’imbattersi, come è successo a molti per i quali è stata negata la sanatoria dell’anno scorso, un arresto per clandestinità (che da marzo è diventato reato). Diventano quindi delinquenti senza aver commesso nulla, semplicemente perché sono qui, lavorano e sono persone che hanno il desiderio di lavorare e vivere in questo paese, ma non gli viene concesso perché non possono ottenere un pezzo di carta”.

Manuel, la presenza degli organi d’informazione, locali o nazionali, voi che in questa giornata siete lì e dentro questo problema, come l’avete vista?

“ L’abbiamo vista come la dimostrazione che siamo orgogliosi del lavoro che facciamo. Siamo orgogliosi di quello che ci diciamo sempre, cioè che dobbiamo far conoscere il mondo ma dobbiamo essere anche quel piccolo granello per renderlo anche migliore, perché far conoscere le cose realmente e come accadono,senza filtri, senza strumentalizzazioni, ma farle conoscere per il loro reale valore, è la nostra missione. Cercare quindi di trasformare i rapporti di forza del potere di chi detiene le idee dominanti e la proprietà intellettuale in questo paese per noi è un dovere, ed attraverso la contro – informazione e l’informazione a modo nostro, noi continuiamo.

Fonte: Articolo21

9 novembre 2010

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Mosaico dei giorni
Gli irregolari della gru
9 novembre 2010 – Tonio Dell'Olio
 
Salire su una gru esponendosi a tutti i rischi per affermare il diritto ad essere riconosciuti parte di una comunità. Un braccio di ferro tra sei uomini e un ministro, tra i diritti e chi li "respinge", tra la richiesta di riconoscimento di dignità e la chiusura a fortezza di un benessere che si sente minacciato. O forse – chissà – di un’identità che non ama i colori, di un’economia che si avvantaggia del sommerso, della paura generata dall’ignoranza. Sei persone che a 35 metri dal suolo della nordissima Brescia da otto giorni chiedono di essere "regolarizzati". E rideremmo di questo verbo se non ne conoscessimo le pieghe drammatiche. Per quel che può servire, sto dalla parte degli irregolari in un Paese in cui comincio a sentirmi irregolare anch’io.

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