Il deludente G8 di Trieste


Emanuele Giordana, Andrea Pira


Novità poche, prese di posizione edulcorate, vuoto su AfPak. Il G8 dei ministri degli Esteri premia gli sforzi della diplomazia ma delude le aspettative.


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Il deludente G8 di Trieste

Afghanistan e Pakistan, i grandi protagonisti annunciati del vertice di Trieste del G8 dei ministri degli Esteri per adesso son passati in secondo piano. La parte del leone l'ha fatta ieri l'Iran ma anche la situazione in Medio oriente con un richiamo forte, forse questa la vera novità politica del vertice, a un “congelamento” degli insediamenti israeliani (che è però venuto da una riunione del Quartetto e non c'è nella dichiarazione finale del summit). L'altra “novità” riguarda l'Iran, il grande assente del vertice, che è stato il fulcro di un notevole lavorio diplomatico per trovare l'accordo con la Russia che, nel negoziato sulla dichiarazione finale, non voleva urtare troppo Teheran. E così di fatto, pur se a gran voce i vari ministri han ribadito al condanna di quanto succede nel paese dei mullah, nella dichiarazione la novità è che la parola “condanna” non figura e resta riconosciuta una sorta di principio di non ingerenza con una mano che resta tesa. Una posizione, si potrebbe dire, molto americana visto che l'esito del summit sembra ricalcare molto le strategie – caute – di Obama.

Iran, Medio Oriente, Corea del Nord, Africa, pirateria e non proliferazione. Sono questi in sintesi i punti chiave della dichiarazione finale dei ministri degli Esteri del G8, riuniti a Trieste per l'ultimo incontro tematico prima del vertice dell'Aquila fra due settimane.

In primo piano la violenta repressione delle proteste post-elettorali, che dal 13 luglio infiammano l'Iran. Nella dichiarazione finale dell'incontro gli otto ministri degli Esteri si dicono preoccupati per gli sviluppi della situazione a Teheran. Pur esprimendo pieno rispetto per la sovranità dell'Iran “deplorano” la violenza post-elettorale, che ha portato alla perdita di vite umane – scrivono nel documento finale- e chiedono “al governo iraniano di garantire che la volontà del popolo iraniano sia rispecchiata nel processo elettorale”. Inoltre i ministri auspicano una soluzione diplomatica della questione nucleare iraniana, impegnandosi “a rafforzare gli sforzi globali di non proliferazione attraverso il rafforzamento dei regimi multilaterali”. Un impegno al quale corrisponde una forte condanna al test nucleare nordcoreano del 25 maggio scorso: “Chiediamo alla Corea del Nord di rispettare gli obblighi derivanti dalle risoluzioni dell'Onu, di non condurre altre azioni destabilizzanti”, afferma il documento.

E al rispetto degli obblighi sono richiamati anche Israele e i leader palestinesi. La dichiarazione rilancia il processo di pace, la tesi dei due stati e si occupa anche di Gaza mentre dalla riunione del Quartetto (Usa, Ue, Russia, Onu) si chiede espressamente a Tel Aviv “il congelamento dell'attività di insediamo” nei Territorio occupati. Pirateria e Africa i capitoli finali. La minaccia dei pirati lungo le coste orientali africane preoccupa gli Otto Grandi disposti ad offrire agli stati del continente “ulteriori opportunità per la formazione e l'addestramento di una guardia costiera”, pur auspicando l'abbandono del “binomio superato donatori-beneficiari di aiuti”.

Afghanistan e Pakistan restano invece sullo sfondo con poche serie novità, almeno per ora. Tra queste l'incontro bilaterale tra i ministri pachistano e indiano (“È stato un buon incontro. Abbiamo discusso di come possiamo impegnarci insieme per sconfiggere i piani di coloro che non vogliono la pacificazione dell'Asia meridionale”, ha detto il pachistano, Qureshi dopo l'inocntro con il suo omologo Krishna) e ogni passo per raffreddare i due colossi è certo benvenuto. La riunione “informale” dei ministri degli Esteri di 24 Paesi, iniziata ieri pomeriggio, dura però sino a questa mattina. Bisognerà dunque attendere sino ad oggi per sapere quali novità emergeranno anche se le speranze di una sterzata che cambi il corso della “palude afgana” non sembrano molte. E proprio la “palude” è tata evocata alla riunione del Consiglio della Partnership Euro-atlantica tenutosi in Kazakhstan dal rappresentante russo presso la Nato Dmitry Rogozin che ha messo in guardia l'Alleanza dal rischio di “impantanarsi” (come accadde a Mosca) nel paese asiatico. Rogozin ha espresso valutazioni pesantemente pessimistiche sulla missione della Nato in Afghanistan, mettendola in guardia dal pensare di poter tenere ai margini la Russia in Asia Centrale. Mosca insomma, da Trieste ad Astana sino a Kabul, vuole tornare a contare.

Fonte: il Manifesto

27 giugno 2009

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