I libici sparano sui pescatori italiani


il Messaggero


Comandante Ariete: «Un inferno, qualcuno ci urlò in italiano “attenti che sparano”». L’equipaggio dell’Ariete è riuscito a evitare illeso l’abbordaggio. La dura condanna dell’Onu.


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I libici sparano sui pescatori italiani

Un motopesca della flotta di Mazara del Vallo, l'Ariete, è stato raggiunto ieri sera da alcuni colpi di mitraglia sparati da una motovedetta libica che gli aveva intimato di fermarsi. La sparatoria non ha avuto conseguenze sul comandante Gaspare Marrone e sull'equipaggio, che è riuscito ad evitare l'abbordaggio e ad allontanarsi. Il peschereccio ha proseguito la navigazione verso Lampedusa, dove è giunto stamani.

Sulla motovedetta che ha sparato contro un motopesca di Mazara del Vallo c'erano militari italiani.
L'imbarcazione è una delle sei, appartenenti alla Guardia di Finanza, che il governo italiano ha consegnato alla Libia (lo scorso anno le prime tre e le altre quest'anno) nell'ambito dell'accordo per contrastare l'immigrazione clandestina. A bordo c'erano sei militari italiani delle Fiamme gialle: due osservatori e quattro consulenti tecnici, nessuno dei quali ufficiale. Inizialmente il Comando generale della Finanza aveva parlato solo di un ufficiale, precisando che «l'imbarcazione era una delle motovedette consegnate alla Libia» nel quadro degli accordi tra l'Italia e il governo di Tripoli. I militari svolgono ruolo di osservatori e di consulenti tecnici (radaristi, motoristi ecc).

Le sei motovedette battono bandiera libica
e sono a tutti gli effetti mezzi navali del paese nordafricano. I militari italiani a bordo sono finanzieri: l'accordo prevede infatti che per un periodo i nostri militari svolgano sulle motovedette la funzione di osservatori e consulenti tecnici. Quando l'Italia ha consegnato le sei motovedette, sono stati smontati dalle imbarcazioni tutti gli armamenti. Secondo alcune fonti non è escluso che i militari della Guardia Costiera libica abbiano sparato verso il motopesca con le armi della loro dotazione personale.

Qualcuno urlava in italiano “attenti che sparano”.
«Quando hanno tentato l'abbordaggio dalla motovedetta abbiamo sentito qualcuno che urlava in perfetto italiano: attenti che sparano», ha detto il comandante dell'Ariete, Gaspare Marrone, confermando che poteva trattarsi di un militare della Guardia di Finanza. Il capitano aveva già espresso il dubbio che la motovedetta fosse una delle sei unità militari consegnate nei mesi scorsi dall'Italia al governo libico per il pattugliamento contro l'immigrazione clandestina.

Il ministro dell'Interno Maroni
ha disposto l'apertura di un'inchiesta per accertare se emerga un'utilizzazione dei mezzi donati dall'Italia per potenziare il contrasto all'immigrazione clandestina non coerente con le previsioni del Trattato firmato nel 2007 dall'allora ministro dell'Interno Giuliano Amato. E la Farnesina «segue da vicino il caso della Motopesca di Mazara del Vallo Ariete. L'Ambasciata d'Italia a Tripoli è stata attivata per acquisire, in raccordo con le competenti Autorità libiche, dettagliati elementi sulla vicenda e per accertare l'esatta dinamica dei fatti, alla luce dello stretto rapporto di collaborazione fra i due Paesi, nonchè dell'esigenza di accelerare le procedure per addivenire ad un'intesa in materia di risorse marine prevista dal Trattato di Bengasi».

Frattini: la Libia si è scusata.
«A seguito dell'azione della nostra ambasciata, il comandante della Guardia costiera libica ha espresso le sue scuse alle autorità italiane per l'accaduto – dice il ministro degli Esteri, Franco Frattini ai microfoni del Tg1 – Il comandante libico ha ordinato di sparare in aria anche se poi purtroppo i colpi sono arrivati sulla barca italiana». Sulla presenza dei militari italiani Frattini ha detto: «Certamente a bordo della motovedetta libica vi era un militare della Guardia di Finanza e personale tecnico della guardia di Finanza. Questo è stabilito dall'accordo originario italo-libico firmato nel 2007 dal governo Prodi e poi integrato dal ministro Maroni nel 2009. Quegli accordi sin dal primo giorno stabiliscono che il comando è ovviamente degli ufficiali libici. I nostri uomini non hanno minimamente preso parte, come è ovvio, all'operazione».

L'ambasciatore libico in Italia Abdulhafed Gaddur ha annunciato che «le autorità libiche hanno nominato un comitato d'inchiesta
sui motivi dell'incidente, un comitato aperto anche agli italiani che vi potranno partecipare». L'ambasciatore ha evidenziato il rammarico della Libia «per quello che è successo» al motopeschereccio italiano. Secondo l'ambasciatore «il rapporto particolare tra Tripoli e Roma continuerà e non sarà condizionato da questo incidente. Questi errori accadono in varie zone del mondo. Le dichiarazioni negative su quanto avvenuto sono da parte di irresponsabili che pescano in acque torbide. Tripoli, invece, conferma che il rapporto tra Italia e Libia è più forte di queste polemiche».

«Siamo vivi per miracolo,
hanno sparato all'impazzata sfiorandoci; solo per un caso, inoltre, non hanno provocato l'esplosione di alcune bombole di gas». Alessandro Novara, uno dei dieci uomini d'equipaggio dell'Ariete, è ancora sotto choc mentre mostra i danni provocati dai colpi di mitraglia. La fiancata di sinistra del peschereccio è sforacchiata dai proiettili, così come la cabina di pilotaggio, segno che i militari libici hanno sparato anche ad altezza d'uomo. Inoltre uno dei proiettili ha colpito anche una delle tre bombole di gas che si trovavano sul ponte dell'imbarcazione, fortunatamente senza bucarla. In quel caso si sarebbe innescata un'esplosione a catena che avrebbe investito i marinai che si trovavano in coperta. I proiettili hanno anche forato un gommone utilizzato dall'equipaggio come tender.

Per Marrone le scariche di mitra sono state immotivate:
«Al momento in cui è avvenuto il tentativo di abbordaggio eravamo in navigazione e non stavamo pescando. Non avevano alcun diritto di fermarci». Il capitano, che ha già ripreso il mare con i suoi dieci uomini d'equipaggio per proseguire la battuta di pesca nel Canale di Sicilia, ricostruisce i momenti convulsi dell'assalto, avvenuto ieri sera intorno a circa 30 miglia dalle coste
libiche.

Racconta Marrone: «Ci hanno intimato di fermarci
ma io, sapendo quello che ci aspettava, ho preferito proseguire spingendo i motori al massimo. A questo punto hanno aperto il fuoco, continuando a sparare a intervalli di circa un quarto d'ora, venti minuti. È stato un inferno: i proiettili rimbalzavano dal ponte fino alla sala macchine. Il mio timore era che colpissero qualcuno dell'equipaggio, per questo ci siamo messi tutti a terra. Ci hanno inseguito fin quasi dentro le nostre acque territoriali. Solo all'alba, quando eravamo in vista di Lampedusa, ci siamo sentiti in salvo».

Sul fronte politico,
Idv e Udc chiedono al governo di riferire in Parlamento, il Pd critica i rapporti tra l'Esecutivo e Gheddafi, i Verdi chiedono di richiamare l'ambasciatore in Libia e il governatore della Sicilia, Lombardo, sottolinea l'esigenza di un patto con Tripoli. «Chiediamo che il Governo riferisca subito in Parlamento sul caso Libia. Siamo indignati: abbiamo subito le beffe e oggi anche il danno». Lo dichiara Pier Ferdinando Casini. In serata il Pd ha annunciato «un'interpellanza urgente al governo chiedendo che venga in aula già da domani per chiarire la dinamica dell'attacco». Emanuele Fiano, presidente forum Sicurezza del Partito Democratico denuncia che «c'è un grave e imbarazzante silenzio del governo in queste ore circa l'oggettivo svolgimento dei fatti. Ovviamente è necessario che il Parlamento venga subito informato con chiarezza se a bordo dell'unità navale libica vi fossero funzionari o militari di un qualche corpo della Difesa e sul perchè esattamente il motopeschereccio sia stato attaccato con armi da guerra. Rimane il tragico contrasto tra il gravissimo incidente di oggi, che poteva costare vite umane, e l'indegno spettacolo offerto dal nostro governo nell'accoglienza al leader libico Gheddafi nella sua visita a Roma di pochi giorni fa».

Il capitano Gaspare Marrone e il suo equipaggio hanno salvato decine di vite umane nel Canale di Sicilia.
Il peschereccio mazarese è stato protagonista di numerosi interventi di soccorso a barconi di migranti in difficoltà, tanto da ricevere anche un riconoscimento. La notte del 28 novembre 2007 i marinai dell'Ariete salvarono 54 extracomunitari, tra cui una bimba e nove donne, soccorsi su un gommone che imbarcava acqua a circa 30 miglia dall'isola Lampedusa. Durante le operazioni di soccorso un membro tunisino dell'equipaggio si lanciò in mare per aiutare alcuni naufraghi. Esattamente un anno dopo, l' Ariete e altri tre pescherecci d'altura della flotta di Mazara del Vallo salvarono 650 migranti su due barconi in balia del mare in burrasca. Il 5 giugno del 2008, infine, l'ennesimo intervento che consentì di trarre in salvo 27 naufraghi, mentre altri cinque morirono

«La legge del mare ci impone di aiutare chi è in difficoltà, anche a rischio della nostra vita
– aveva dichiarato in quell'occasione Gaspare Marrone – Abbiamo fatto solo il nostro dovere, ora torniamo al lavoro». Per questo spirito di abnegazione dimostrato in numerose occasioni, nel giugno del 2008 il capitano Marrone e il suo equipaggio avevano ottenuto il premio “Per mare”, istituito dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) «al coraggio di chi salva vite umane».

Fonte: il Messaggero

13 settembre 2010

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