Flotilla, parte l’inchiesta Onu. Talmente indipendente che Israele ci sta


Michele Giorgio, Il Manifesto


La strage della Mavi Marmara.Tra i membri della commissione l’ex leader colombiano Alvaro Uribe, grande cliente militare di Tel Aviv.


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Flotilla, parte l'inchiesta Onu. Talmente indipendente che Israele ci sta

Si è riunita ieri per la prima volta a New York la controversa commissione dell'Onu incaricata di indagare sul sanguinoso arrembaggio israeliano alle sei navi della Freedom Flottilla dirette a Gaza con aiuti umanitari in cui, lo scorso 31 maggio, vennero uccisi nove civili turchi. I quattro membri della commissione si sono incontrai con il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, e hanno discusso del loro mandato, formalmente finalizzato «ad esaminare e individuare i fatti, le circostanze e il contesto dell'accaduto così come a raccomandare misure per evitare altri incidenti».
Israele nei giorni scorsi a sorpresa ha dato il suo via libera all'inchiesta Onu dopo due mesi di ferma opposizione da parte del premier Netanyahu, che ha anche escluso categoricamente di presentare scuse ufficiali alla Turchia. Un cambiamento spiegabile solo con la composizione della commissione, davanti alla quale – ha ribadito due giorni fa Netanyahu – non andranno militari israeliani (si dice sulla base di un accordo dietro le quinte con Ban Ki-moon). A guidare i lavori saranno due copresidenti – l'ex premier neozelandese Geoffrey Palmer e l'ex capo di stato colombiano Alvaro Uribe – assieme ai rappresentanti della Turchia Ozdem Sanberk e di Israele Joseph Ciechanover. La scelta di Uribe sfiora l'assurdo: stretto alleato di Washington in America Latina e fedele esecutore delle politiche statunitensi, Uribe nel suo paese si è lasciato dietro una scia di sangue e violazioni di diritti umani con pochi precedenti, oltre ad aver fatto di Israele il miglior partner militare della Colombia. Tel Aviv avrebbe fornito a Bogotà armamenti sofisticati per la lotta alla guerriglia delle Farc, a cominciare dai droni, fiore all'occhiello della sua industria bellica.
Quale credibilità può avere questa indagine, si è chiesto qualche giorno fa l'analista Phyllis Bennis (Institute for policy studies), se di quattro membri del team uno è l'inviato di Israele e altri due (Palmer e Uribe) se non proprio scelti da Tel Aviv comunque hanno la sua approvazione? E non manca chi legge dietro le manovre di Ban Ki-moon al Palazzo di Vetro lo sforzo di ricucire le relazioni tra Turchia e Israele, essenziali per le strategie Usa nel Vicino Oriente.
Davanti ad un'altra commissione, quella interna istituita dal governo Netanyahu, ha parlato ieri il ministro della difesa israeliano Ehud Barak che si è preso «tutta la responsabilità» per l'attacco alla Freedom Flotilla. «Mi prendo tutta la responsabilità – ha detto Barak – per qualunque cosa sia successa sotto il mio comando, per gli ordini dati a livello politico». Scelta obbligata visto che Netanyahu, che il 31 agosto si trovava negli Usa, gli aveva affidato la gestione dell'arrembaggio alle navi pacifiste. La posizione di Israele è nota: i soldati all'assalto della Mavi Marmara avrebbe fatto fuoco per «legittima difesa» di fronte alla reazione «violenta» dei passeggeri. Questa versione viene smentita seccamente dalle testimonianze dagli attivisti a bordo del traghetto turco.

Fonte: www.ilmanifesto.it
11 Agosto 2010

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