Cooperanti rapiti in Somalia. Lavorano per una ong italiana


Repubblica.it


Il sequestro avvenuto il 30 giugno. Due dei rapiti stavano per partire per l’Italia dove avrebbero dovuto ricevere il premio "Langer" per la loro attività. Sono dodici i cooperanti, occidentali e locali, nelle mani di bande criminali.


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Cooperanti rapiti in Somalia. Lavorano per una ong italiana

ROMA – Cinque cooperanti, quattro uomini e una donna, sono stati rapiti in Somalia nell'ultimo assalto di bande armate a caccia di riscatti. La conferma arriva da Elio Sommavilla, fondatore della Ong Acqua per la vita: i quattro somali suoi dipendenti e un agronomo che lavora per la Fao sono stati sequestrati da una decina di uomini armati nella zona di Afgoi, vicino a Mogadiscio. L'agguato è avvenuto mentre il gruppo si stava dirigendo in auto verso la capitale.

Due di loro Mahamud 'Abdi Aaden e Faaduma Suldaan 'Abdirahman, erano diretti al momento del rapimento all'aeroporto di Mogadiscio per raggiungere Bolzano e Trento, dove avrebbero dovuto prendere parte alla cerimonia per l'assegnazione del premio Alexander Langer 2008, prevista per venerdì.

"Siamo in contatto con i nostri in Somalia e con l'ambasciata italiana a Nairobi" ha spiegato Sommavilla. "Non è ancora chiaro – ha aggiunto – dove sia avvenuto il rapimento, se a Mogadiscio oppure ad Afgoi", ad una quindicina di chilometri dalla capitale.

Sono dodici i cooperanti, occidentali e locali, sotto sequestro in Somalia. Bande criminali tengono ancora prigionieri i due cooperanti italiani rapiti il 21 maggio, Iolanda Occhipinti e Giuliano Paganini, un cittadino britannico e un kenyota, oltre a tre operatori umanitari somali. Sabato scorso due esperti delle Nazioni Unite, uno svedese e un danese, sono stati vittime di un sequestro-lampo nel sud del Paese. Il pagamento di un riscatto li ha fatti tornare liberi.

Quello dei sequestri negli ultimi anni è divenuto un business molto redditizio per le tante bande criminali che vivono nel Paese, dove oggi, secondo un recente rapporto delle ong, circolano tante armi quante ce ne erano durante il regime. Dopo il crollo del regime di Siad Barre (1991) e il fallimento della guerra di liberazione messa in campo da Usa e Nato, la Somalia è tornata piano piano in mano alle bande e ai signori della guerra.

L'Unità di crisi della Farnesina è in contatto quotidiano con le famiglie dei rapiti. E chiede il silenzio stampa sulle trattative per evitare il massacrante gioco al rialzo del riscatto. Il rischio e il timore è che tra le bande criminali che vogliono "solo" soldi e armi, si possano inserire anche bande di giovani fondamentalisti islamici. E che i sequestri diventino a sfondo politico-religioso.

Sulla homepage di Acqua per la vita è spiegato che l'obiettivo dell'associazione, fondata alla fine degli anni Ottanta, "è preparare i giovani geologi somali a trovare delle soluzioni ai gravi e drammatici problemi della Somalia, la scarsità d'acqua da bere e l'alta salinità". Il progetto consiste nella messa a punto di una strumentazione a bassa tecnologia che permetta di monitorare la falda idrica locale attraverso l'installazione di piezometri (tubi in plastica di piccolo diametro) che servono per campionare l'acqua di falda e valutarne le caratteristiche fisico-chimiche. Dove viene trovata acqua potabile, i tecnici italiani con l'aiuto di manodopera locale passano alla progettazione e alla realizzazione di pozzi a largo diametro.


Fonte: Repubblica.it

(1 luglio 2008)

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