Armi italiane in Libia senza autorizzazione


La redazione


Nel 2009 l’Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del Colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere ad uso militare della ditta Beretta. E’ anche con queste armi che l’esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione. La rassegna stampa.


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Armi italiane in Libia senza autorizzazione

ARMI ITALIANE ALLA LIBIA, ECCO COME

«Nel 2009 l’Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere ad uso militare della ditta Beretta. È anche con queste armi che l’esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione».

L’atto d’accusa parte da un documento della Rete italiana per il disarmo e della Tavola della pace. «Chiediamo al governo Berlusconi di chiarire urgentemente la questione», aggiungono le due associazioni. «Si tratta di armi che, come ha confermato direttamente a Rete Disarmo un funzionario del ministero degli Esteri di Malta sono “di provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese”».

Una triangolazione? Lecita o illecita, secondo il nostro ordinamento? Rete disarmo e la Tavola della pace hanno verificato e documentato l’accusa: «Il ministero degli Esteri maltese», scrivono, «ha precisato che “come confermato dall’ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il Governo libico” e, siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi, “le autorizzazioni alla transazione, comprese quelle doganali, sono state rilasciate senza problemi”».

Un arsenale fantasma

Ma se non c’erano sanzioni o divieti all’esportazione diretta verso Tripoli, perché passare per Malta? Il problema è che dalle Relazioni della Presidenza del Consiglio italiano sull’export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all’esportazione di quelle armi né Malta né alla Libia. Come mai? «La notizia è certa», insiste Giorgio Beretta di Unimondo, analista della Rete Disarmo. «Il Rapporto dell’Unione Europea sull’esportazione di armamenti, pubblicato nel gennaio scorso, riporta per l’anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia di 79.689.691 di euro».

Il documento delle associazioni indica anche di quale materiale bellico si tratta: tra l’altro, «armi della categoria ML-1, cioè armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 millimetri, e armi automatiche di calibro 12,7 millimetri, accessori e componenti appositamente progettati».

I dati dell'Istat, per il 2009, quell’anno parlano soltanto di forniture per 390.584 euro di armi, munizioni e accessori per Malta, e di soli 8.171.698 di euro per la Libia.

«I casi sono due», conclude Beretta, «o una ditta italiana ha esportato queste armi senza l’autorizzazione del Governo italiano (e in quel caso avrebbero dovuto essere bloccate alla dogana maltese) oppure vi è stata un’autorizzazione da parte di qualche ufficio del Governo italiano che non è stata mai notificata né al Parlamento italiano né all’Unione Europea».

Le nostre armi contro la rivolta

Se confermata, questa ingente fornitura risulterebbe costituita da migliaia di fucili e pistole, nonché da una grande quantità di munizioni e granate. Ossia le armi utilizzate in questi giorni per reprimere la rivolta.

Secondo una fonte diplomatica dell’Unione europea il materiale bellico proverrebbe dalla fabbrica d’armi “Pietro Beretta” di Gardone Valtrompia, in provincia di Brescia. Interpellata dalle due associazioni, la ditta italiana «ha rifiutato qualsiasi commento».

«I fatti che oggi denunciamo sono di una gravità inaudita»
, dice Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. «Se ancora ieri chiedevamo al Governo e al Parlamento di fare chiarezza e di bloccare la vendita di armi italiane alla Libia oggi non possiamo che provare un grande senso di vergogna e di dolore. Il Governo deve dare subito delle spiegazioni. Mi auguro che nessun telegiornale, in particolare della Rai, il nostro servizio pubblico, si permetta di censurare questa denuncia», conclude Lotti.

di Luciano Scalettari

Fonte: www.famigliacristiana.it

24 febbraio 2011

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ARMI ITALIANE IN LIBIA SENZA AUTORIZZAZIONE, IL GOVERNO RISPONDA

“Nel 2009 l’Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere ad uso militare della ditta Beretta. E’ anche con queste armi che l’esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione”. Questa la denuncia documentata dalla Rete Italiana per il Disarmo e dalla Tavola della Pace che chiedono al governo Berlusconi di rispondere urgentemente in merito. “Si tratta di armi che – come ha confermato direttamente a Rete Disarmo un funzionario del ministero degli Esteri di Malta sono di provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese. Anche perché (conferma la stessa fonte) nel piccolo stato insulare non sono presenti fabbriche di armi e munizioni”. Il ministero degli Esteri maltese ha precisato poi che “come confermato dall’ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il governo libico” e siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi “l’autorizzazione al traffico – comprese quelle doganali – sono state rilasciate senza problemi”. 
 
Ma,  “dalle relazioni della presidenza del Consiglio italiano sull’export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all’esportazione di quelle armi né a Malta né alla Libia, creando quindi un buco impressionante in termini di controllo”. “La notizia è certa e documentata”, afferma Giorgio Beretta di Unimondo e analista della Rete Disarmo. Il Rapporto dell’Unione Europea sull’esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l’anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia di 79.689.691 di euro. Si tratta di armi della categoria ML 1 e cioè armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, altre armi e armi automatiche di calibro 12,7 mm (calibro 0,50 pollici) e accessori e componenti appositamente progettati)”. 
 
“Da nessun rapporto ufficiale della presidenza del Consiglio (quelli dovuti per la legge 185 sull’export di armamenti militare) – prosegue la nota di Rete Disarmo – si evince che ci sia stata una qualche autorizzazione in merito. Anche i dati dell'Istat (che riportano tutte le esportazioni di armi italiane ad uso civile) non segnalano per il 2009 alcuna esportazione di quel valore né a Malta né alla Libia; per quell’anno si parla solo di 390.584 di euro di armi, munizioni e loro parti ed accessori per Malta e per la Libia solo 8.171.698 di euro di forniture”.  “E allora i casi sono due: o una ditta italiana ha esportato queste armi senza l’autorizzazione del governo italiano (ma allora avrebbero dovuto essere bloccate dalle dogane maltesi) o – come è più probabile – vi è stata un’autorizzazione da parte di qualche ufficio del governo italiano che però non è stata mai notificata né nelle relazioni al Parlamento né all’Unione Europea”, conclude Beretta. 
 
Un valore così alto di armi leggere potrebbe significare (lo testimoniano i controvalori di forniture simili recentemente fatte proprio verso la Libia) centinaia se non migliaia di fucili e pistole, oltre a possibili forniture anche di munizioni e granate. In pratica proprio le armi protagoniste maggiormente delle uccisioni in questi giorni di rivolta. Secondo quanto dichiarato ad Eu Observer da una fonte diplomatica dell’Unione europea (esperta delle documentazioni di autorizzazione per l‘export militare) tratterebbe di armi provenienti dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta di Gadone Valtrompia (Brescia). La ditta italiana ha però rifiutato qualsiasi commento affermando che “non risponde nel merito dei singoli trasferimenti”.
 
“I fatti che oggi denunciamo sono di una gravità inaudita – afferma Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. Se ancora ieri chiedevamo al governo e al parlamento di fare chiarezza e di bloccare la vendita di armi italiane alla Libia oggi non possiamo che provare un grande senso di vergogna e di dolore. Il governo deve dare subito delle spiegazioni su una situazione così problematica”. 

“Com’è potuto accadere? Chi sapeva? Chi ha taciuto? In quanti altri traffici siamo coinvolti? Il Parlamento deve intervenire subito. Mi auguro che nessun telegiornale, in particolare della Rai, il nostro servizio pubblico, si permetta di censurare questa denuncia e al contrario decida di chiedere conto ai principali responsabili della politica italiana”, conclude Lotti.
 
Questo caso di triangolazione, su cui chiediamo che sia fatta piena luce a breve, non è l’unico esempio di passaggio di armi leggere verso la Libia attraverso il nostro paese. “Nello stesso 2009 come ricostruito da un’inchiesta di Altreconomia poi rilanciata da altri organi di stampa – aggiunge Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo- la magistratura italiana aveva bloccato un possibile traffico di centinaia di migliaia di kalashnikov di produzione cinese che trafficanti italiani volevano vendere all’esercito di Gheddafi”.
 
Anche in quel caso si utilizzava (in maniera però pienamente illegale) la triangolazione verso paesi terzi e la gestione del trasporto attraverso società con sede estera per coprire la fornitura alla Libia di armi leggere. “Qui invece ci troviamo di fronte o ad un’autorizzazione rilasciata con leggerezza e in qualche misura schermata dal passaggio a Malta (tanto è vero che anche i dati europei nei sono stati tratti in inganno) oppure una vera e propria omissione per favorire il regime di Gheddafi, considerato ormai amico e funzionale alla nostra politica estera”. Quello che sicuramente si evince da questo caso è la necessità di un controllo ferreo su tutte le forniture di armamenti come Rete Italiana per il Disarmo chiede da anni al governo: “controlli che non devono ridursi a procedure formali ma devono essere sostanziali e ponderati, con prese di posizione forti anche negando contratti di vendita, perché qui ci troviamo di fronte ad armi e non caramelle. Armi che poi sono responsabili delle uccisioni e dei massacri che tutti vediamo e condanniamo in questi giorni”. 
 
Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace esprimono quindi la loro preoccupazione anche per quanto riguarda la possibile modifica della nostra legge sull’export di armi a seguito del recepimento di alcune direttive europee (alcune di queste procedure sono ora in discussione al Parlamento inserite nella “legge Comunitaria”). “Non vorremo che con le nuove regole ed autorizzazioni ed una procedura di controllo ancora più debole quando si tratta di fornire armi attraverso partner europei (come ad esempio Malta) l’esempio di triangolazione di armi leggere verso la Libia sia solo il primo di tutta una serie di trasferimenti problematici di armi italiane”, commenta infine Giorgio Beretta. 

Fonte: www.redattoresociale.it

24 febbraio 2011

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ARMI ITALIANE IN LIBIA NEL 2009 SENZA ALCUNA AUTORIZZAZIONE UFFICIALE

“Nel 2009 l’Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del Colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere ad uso militare della ditta Beretta. E’ anche con queste armi che l’esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione”. Questa la denuncia documentata dalla Rete Italiana per il Disarmo e dalla Tavola della Pace che chiedono al governo Berlusconi di rispondere urgentemente in merito. Si tratta di armi che – come ha confermato direttamente a Rete Disarmo un funzionario del Ministero degli Esteri di Malta sono “di provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese”. Anche perché (conferma la stessa fonte) nel piccolo stato insulare non son presenti fabbriche di armi e munizioni.
Il Ministero degli Esteri maltese ha precisato poi che “come confermato dall’ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il Governo libico” e siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi “l’autorizzazione al traffico – comprese quelle doganali – sono state rilasciate senza problemi”.
Ma dalle Relazioni della Presidenza del Consiglio italiano sull’export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all’esportazione di quelle armi né a Malta né alla Libia, creando quindi un buco impressionante in termini di controllo.
“La notizia è certa e documentata” – afferma Giorgio Beretta di Unimondo e analista della Rete Disarmo. Il Rapporto dell’Unione Europea sull’esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l’anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia di 79.689.691 di euro.
Si tratta di armi della categoria ML 1 e cioè armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, altre armi e armi automatiche di calibro 12,7 mm (calibro 0,50 pollici) e accessori e componenti appositamente progettati)”.
Da nessun rapporto ufficiale della Presidenza del Consiglio (quelli dovuti per la legge 185 sull’export di armamenti militare) si evince che ci sia stata una qualche autorizzazione in merito. Anche i dati dell'ISTAT (che riportano tutte le esportazioni di armi italiane ad uso civile) non segnalano per il 2009 alcuna esportazione di quel valore né a Malta né alla Libia; per quell’anno si parla solo di 390.584 di euro di Armi, munizioni e loro parti ed accessori per Malta e per la Libia solo 8.171.698 di euro di forniture. “E allora i casi sono due: o una ditta italiana ha esportato queste armi senza l’autorizzazione del Governo italiano (ma allora avrebbero dovuto essere bloccate dalle dogane maltesi) o – come è più probabile – vi è stata un’autorizzazione da parte di qualche ufficio del Governo italiano che però non è stata mai notificata né nelle Relazioni al Parlamento né all’Unione Europea” – conclude Beretta.

Un valore così alto di armi leggere potrebbe significare (lo testimoniano i controvalori di forniture simili recentemente fatte proprio verso la Libia) centinaia se non migliaia di fucili e pistole, oltre a possibili forniture anche di munizioni e granate. In pratica proprio le armi protagoniste maggiormente delle uccisioni in questi giorni di rivolta. Secondo quanto dichiarato ad EU Observer da una fonte diplomatica dell’Unione europea (esperta delle documentazioni di autorizzazione per l‘export militare) tratterebbe di armi provenienti dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta di Gadone Valtrompia (Brescia). La ditta italiana ha però rifiutato qualsiasi commento affermando che “non risponde nel merito dei singoli trasferimenti”

“I fatti che oggi denunciamo sono di una gravità inaudita – afferma Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. Se ancora ieri chiedevamo al Governo e al Parlamento di fare chiarezza e di bloccare la vendita di armi italiane alla Libia oggi non possiamo che provare un grande senso di vergogna e di dolore. Il Governo deve dare subito delle spiegazioni su una situazione così problematica.
Com’è potuto accadere? Chi sapeva? Chi ha taciuto? In quanti altri traffici siamo coinvolti? Il Parlamento deve intervenire subito. Mi auguro che nessun telegiornale, in particolare della Rai, il nostro servizio pubblico, si permetta di censurare questa denuncia e al contrario decida di chiedere conto ai principali responsabili della politica italiana” – conclude Lotti.

Questo caso di triangolazione, su cui chiediamo che sia fatta piena luce a breve, non è l’unico esempio di passaggio di armi leggere verso la Libia attraverso il nostro paese. “Nello stesso 2009 come ricostruito da un’inchiesta di Altreconomia poi rilanciata da altri organi di stampa – aggiunge Francesco Vignarca
coordinatore della Rete Disarmo- la Magistratura italiana aveva bloccato un possibile traffico di centinaia di migliaia di Kalashnikov di produzione cinese che trafficanti italiani volevano vendere all’esercito di Gheddafi”. Anche in quel caso si utilizzava (in maniera però pienamente illegale) la triangolazione verso paesi terzi e la gestione del trasporto attraverso società con sede estera per coprire la fornitura alla Libia di armi leggere.
“Qui invece ci troviamo di fronte o ad un’autorizzazione rilasciata con leggerezza e in qualche misura schermata dal passaggio a Malta (tanto è vero che anche i dati europei nei sono stati  tratti in inganno) oppure una vera e propria omissione per favorire il regime di Gheddafi, considerato ormai amico e funzionale alla nostra politica estera”. Quello che sicuramente si evince da  questo caso è la necessità di un controllo ferreo su tutte le forniture di armamenti come Rete Italiana per il Disarmo chiede da anni al Governo: “controlli che non devono ridursi a procedure formali ma devono essere sostanziali e ponderati, con prese di posizione forti anche negando contratti di vendita, perché qui ci troviamo di fronte ad armi e non caramelle. Armi che poi sono responsabili delle uccisioni e dei massacri che tutti vediamo e condanniamo in questi giorni”.

Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace esprimono quindi la loro preoccupazione anche per quanto riguarda la possibile modifica della nostra legge sull’export di armi a seguito del recepimento di alcune Direttive Europee (alcune di queste procedure sono ora in discussione al Parlamento inserite nella “legge Comunitaria”). “Non vorremo che con le nuove regole ed autorizzazioni ed una procedura di controllo ancora più debole quando si tratta di fornire armi attraverso partner europei (come ad esempio Malta) l’esempio di triangolazione di armi leggere verso la Libia sia solo il primo di tutta una serie di trasferimenti problematici di armi italiane” – commenta infine Giorgio Beretta.

Fonte: www.articolo21.org

24 febbraio 2011

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 ESCLUSIVO! L'ITALIA NEL 2009 HA TRIANGOLATO 79 MILIONI DI EURO DI ARMI LEGGERE ALLA LIBIA DI GHEDDAFI

“Nel 2009 l’Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del Colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere ad uso militare che alcune fonti dicono della ditta Beretta. E’ anche con queste armi che l’esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione”. Questa la denuncia documentata dalla Rete Italiana per il Disarmo e dalla Tavola della Pace che chiedono al governo Berlusconi di rispondere urgentemente in merito. Si tratta di armi che – come ha confermato direttamente a Rete Disarmo un funzionario del Ministero degli Esteri di Malta sono “di provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese”.

Anche perché – conferma la stessa fonte – nel piccolo stato insulare non son presenti fabbriche di armi e munizioni. Il Ministero degli Esteri maltese ha precisato poi che “come confermato dall’ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il Governo libico” e siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi “l’autorizzazione al traffico – comprese quelle doganali – sono state rilasciate senza problemi”. Ma dalle Relazioni della Presidenza del Consiglio italiano sull’export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all’esportazione di quelle armi né a Malta né alla Libia, creando quindi un buco impressionante in termini di controllo.

“La notizia è certa e documentata” – afferma Giorgio Beretta di Unimondo e analista della Rete Disarmo. Il Rapporto dell’Unione Europea sull’esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l’anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia di 79.689.691 di euro. Si tratta di armi della categoria ML 1 e cioè 'armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, armi automatiche di calibro 12,7 mm (calibro 0,50 pollici) e accessori e componenti appositamente progettati. Da nessun rapporto ufficiale della Presidenza del Consiglio si evince che ci sia stata una qualche autorizzazione in merito. Anche i dati dell'ISTAT (che riportano tutte le esportazioni di armi italiane ad uso civile) non segnalano per il 2009 alcuna esportazione di quel valore né a Malta né alla Libia; per quell’anno si parla solo di 390.584 di euro di Armi, munizioni e loro parti ed accessori per Malta e per la Libia solo 8.171.698 di euro di forniture. E allora i casi sono due: o una ditta italiana ha esportato queste armi senza l’autorizzazione del Governo italiano (ma allora avrebbero dovuto essere bloccate dalle dogane maltesi) o – come è più probabile – vi è stata un’autorizzazione da parte di qualche ufficio del Governo italiano che però non è stata mai notificata né nelle Relazioni al Parlamento né all’Unione Europea” – conclude Giorgio Beretta.

Un valore così alto di armi leggere potrebbe significare (lo testimoniano i controvalori di forniture simili recentemente fatte proprio verso la Libia) centinaia se non migliaia di fucili e pistole, oltre a possibili forniture anche di munizioni e granate. In pratica proprio le armi protagoniste maggiormente delle uccisioni in questi giorni di rivolta. Secondo quanto dichiarato ad EU Observer da una fonte diplomatica dell’Unione europea (esperta delle documentazioni di autorizzazione per l‘export militare) tratterebbe di armi provenienti dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta di Gadone Valtrompia (Brescia). La ditta italiana ha però rifiutato qualsiasi commento affermando che “non risponde nel merito dei singoli trasferimenti”

“I fatti che oggi denunciamo sono di una gravità inaudita – afferma Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. Se ancora ieri chiedevamo al Governo e al Parlamento di fare chiarezza e di bloccare la vendita di armi italiane alla Libia oggi non possiamo che provare un grande senso di vergogna e di dolore. Il Governo deve dare subito delle spiegazioni su una situazione così problematica. Com’è potuto accadere? Chi sapeva? Chi ha taciuto? In quanti altri traffici siamo coinvolti? Il Parlamento deve intervenire subito. Mi auguro che nessun telegiornale, in particolare della Rai, il nostro servizio pubblico, si permetta di censurare questa denuncia e al contrario decida di chiedere conto ai principali responsabili della politica italiana” – conclude Lotti.

Questo caso di triangolazione, su cui chiediamo che sia fatta piena luce a breve, non è l’unico esempio di passaggio di armi leggere verso la Libia attraverso il nostro paese. “Nello stesso 2009 come ricostruito da un’inchiesta di Altreconomia poi rilanciata da altri organi di stampa – aggiunge Francesco Vignarca coordinatore della Rete Disarmo- la Magistratura italiana aveva bloccato un possibile traffico di centinaia di migliaia di Kalashnikov di produzione cinese che trafficanti italiani volevano vendere all’esercito di Gheddafi”. Anche in quel caso si utilizzava (in maniera però pienamente illegale) la triangolazione verso paesi terzi e la gestione del trasporto attraverso società con sede estera per coprire la fornitura alla Libia di armi leggere.

“Qui invece ci troviamo di fronte o ad un’autorizzazione rilasciata con leggerezza e in qualche misura schermata dal passaggio a Malta (tanto è vero che anche i dati europei nei sono stati tratti in inganno) oppure una vera e propria omissione per favorire il regime di Gheddafi, considerato ormai amico e funzionale alla nostra politica estera”. Quello che sicuramente si evince da questo caso è la necessità di un controllo ferreo su tutte le forniture di armamenti come Rete Italiana per il Disarmo chiede da anni al Governo: controlli che non devono ridursi a procedure formali ma devono essere sostanziali e ponderati, con prese di posizione forti anche negando contratti di vendita, perché qui ci troviamo di fronte ad armi e non caramelle. Armi che poi sono responsabili delle uccisioni e dei massacri che tutti vediamo e condanniamo in questi giorni” -conclude Vignarca.

Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace esprimono quindi la loro preoccupazione anche per quanto riguarda l'annunciata modifica della nostra legge sull’export di armi a seguito del recepimento di alcune Direttive Europee (alcune di queste procedure sono ora in discussione al Parlamento inserite nella “legge Comunitaria”). “Non vorremo che con le nuove regole ed autorizzazioni ed una procedura di controllo ancora più debole quando si tratta di fornire armi attraverso partner europei (come ad esempio Malta) l’esempio di triangolazione di armi leggere verso la Libia sia solo il primo di tutta una serie di trasferimenti problematici di armi italiane” – commenta infine Giorgio Beretta.

Fonte: www.unimondo.org

24 febbraio 2011

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LIBIA, LA FRUSTATA DI AMNESTY

Al decimo giorno, la rivolta popolare contro il regime di Gheddafi assume sempre più i contorni della guerra civile. Attraverso alcuni siti Internet, dei testimoni affermano che le milizie del Colonnello hanno attaccato questa mattina la città di Zawia, ad ovest di Tripoli, utilizzando anche armi pesanti. Ci sarebbero numerose vittime.

Secondo il New York Times migliaia di mercenari e brigate speciali di polizia, guidate dai figli di Gheddafi, starebbero arrivando a Tripoli. Probabilmente per fronteggiare la prima manifestazione di piazza nella capitale, che il popolo anti regime sta preparando per domani.

A causa della situazione sempre più grave all'aeroporto di Tripoli, Alitalia ha sospeso i voli di linea sulla capitale. Per ora altre compagnie aeree continuano a viaggiare.

In questo contesto, la comunità internazionale è allarmata, ma non sufficientemente reattiva. Così la pensa Amnesty International, secondo cui la risposta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, riunitosi martedì, «è stata vergognosamente al di sotto di quanto necessario per fermare la spirale di violenza in Libia». Amnesty chiede azioni concrete: «Sospendere da subito la Libia dal Consiglio Onu dei diritti umani. Questo organismo dovrebbe immediatamente inviare una missione d'inchiesta nel paese e formulare raccomandazioni su come porre fine alle violazioni dei diritti umani e sull'eventuale deferimento della materia alla Corte penale internazionale; poi serve un embargo immediato sulle armi e il congelamento degli assetti patrimoniali».

Amnesty International ha anche criticato l'Unione africana, che non ha convocato il suo Consiglio per la pace e la sicurezza per discutere della crisi dei diritti umani in Libia. E ha chiesto all'Ua di assicurare che i suoi stati membri, specialmente quelli confinanti con la Libia, non si rendano complici delle violazioni dei diritti umani in quel paese e, in particolare, monitorino possibili voli sospetti verso la Libia. L'organizzazione ha infine sollecitato la Lega araba, che ieri ha escluso la Libia dalle sue riunioni, di onorare i suoi impegni pubblici, istituendo tra l'altro un comitato indipendente d'inchiesta arabo sulla crisi in Libia.

Presa di posizione anche dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), il quale sostiene che vanno tenute aperte le frontiere per chi fugge dalla Libia, come stanno facendo Tunisia ed Egitto.

E nel conflitto libico c'è chi diventa doppiamente perseguitato: i profughi eritrei ed etiopici. L'agenzia di stampa Habeshia, diretta da don Mussie Zerai, informa che «questa notte ci sono stati irruzioni dentro le case abitate dai profughi eritrei ed etiopi, aggressioni e arresti inspiegabili di 16 profughi. Non sappiamo dove sono stati portati, ne chi sono costoro che hanno compiuto gli arresti perché erano in abiti civili ma con le armi in pugno».

Secondo Habeshia, «c'è un clima di caccia allo straniero africano, che gli insorti identificano come mercenario, mentre le milizie del regime lo considerano a fianco dei rivoltosi. Dunque si trovano in mezzo a due fuochi. Chiediamo a tutti i paesi europei di non lasciare nulla di intentato per evacuare tutti i profughi africani perseguitati».

Sulle vicende del Nord Africa, va sottolineato l'appello lanciato dalla Tavola della Pace e sottoscritto da numerose realtà della società civile italiana, perché l'Italia e l'Europa sostengano i cambiamneti in atto.

Sulla situazione in Libia, nostra intervista (in audio, a cura della redazione di Afriradio.it) ad Angelo del Boca, storico del colonialismo italiano.

Fonte: www.nigrizia.it

24 febbraio 2011

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ITALIA, RETE DISARMO: LA BERETTA VENDE ARMI LEGGERE ALLA LIBIA 

La Rete Italiana per il Disarmo e la Tavola della Pace hanno denunciato una triangolazione di armi italiane dirette in Libia attraverso l'isola di Malta, per un valore complessivo di 79 milioni di euro. Le armi sarebbero arrivate in Libia nel 2009 senza alcuna autorizzazione da parte del nostro Governo: parte di questo armamento sarebbe quello utilizzato in questi giorni dall'esercito libico per massacrare la popolazione.

Si tratta di armi leggere ad uso militare prodotte dalla ditta Beretta. La provenienza italiana è stata confermata da un funzionario del Ministero degli Esteri di Malta, per il quale quelle armi non hanno mai toccato il suolo maltese, essendo destinate alla Libia (dato a sua volta confermato dall'ambasciata italiana a Tripoli). Emerge però una contraddizione: nelle Relazioni della Presidenza del Consiglio italiano sull'export di armamenti non si trova nessuna autorizzazione all'esportazione di quelle armi, né verso Malta né verso la Libia. Nemmeno i dati dell'Istat per il 2009 ne fanno cenno.

"E allora i casi sono due – commenta Giorgio Beretta, membro di Unimondo e analista della Rete Disarmo – o una ditta italiana ha esportato queste armi senza l'autorizzazione del Governo italiano (ma allora avrebbero dovuto essere bloccate dalle dogane maltesi) o, come è più probabile, vi è stata un'autorizzazione da parte di qualche ufficio del Governo italiano, che però non è stata mai notificata né nelle Relazioni al Parlamento né all'Unione Europea". Un fatto grave, per il quale la Rete Disarmo chiede al governo Berlusconi di rispondere urgentemente in merito.

Fonte: http://it.peacereporter.net

24 febbraio 2011

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"GHEDDAFI SPARA CON ARMI ITALIANE": IL DOSSIER CHE SMENTISCE IL GOVERNO

 “Nel 2009 l’Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere ad uso militare della ditta Beretta. E’ anche con queste armi che l’esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione”. Questa la denuncia documentata dalla Rete Italiana per il Disarmo e dalla Tavola della Pace che chiedono al governo Berlusconi di rispondere urgentemente in merito. “Si tratta di armi che – come ha confermato direttamente a Rete Disarmo un funzionario del ministero degli Esteri di Malta sono di provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese. Anche perché (conferma la stessa fonte) nel piccolo stato insulare non sono presenti fabbriche di armi e munizioni”. Il ministero degli Esteri maltese ha precisato poi che “come confermato dall’ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il governo libico” e siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi “l’autorizzazione al traffico – comprese quelle doganali – sono state rilasciate senza problemi”. Ma, “dalle relazioni della presidenza del Consiglio italiano sull’export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all’esportazione di quelle armi né a Malta né alla Libia, creando quindi un buco impressionante in termini di controllo”. “La notizia è certa e documentata”, afferma Giorgio Beretta di Unimondo e analista della Rete Disarmo.
Il Rapporto dell’Unione Europea sull’esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l’anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia di 79.689.691 di euro. Si tratta di armi della categoria ML 1 e cioè armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, altre armi e armi automatiche di calibro 12,7 mm (calibro 0,50 pollici) e accessori e componenti appositamente progettati)”.

“Da nessun rapporto ufficiale della presidenza del Consiglio (quelli dovuti per la legge 185 sull’export di armamenti militare) – prosegue la nota di Rete Disarmo – si evince che ci sia stata una qualche autorizzazione in merito. Anche i dati dell'Istat (che riportano tutte le esportazioni di armi italiane ad uso civile) non segnalano per il 2009 alcuna esportazione di quel valore né a Malta né alla Libia; per quell’anno si parla solo di 390.584 di euro di armi, munizioni e loro parti ed accessori per Malta e per la Libia solo 8.171.698 di euro di forniture”.
 
“E allora i casi sono due: o una ditta italiana ha esportato queste armi senza l’autorizzazione del governo italiano (ma allora avrebbero dovuto essere bloccate dalle dogane maltesi) o – come è più probabile – vi è stata un’autorizzazione da parte di qualche ufficio del governo italiano che però non è stata mai notificata né nelle relazioni al Parlamento né all’Unione Europea”, conclude Beretta.

Un valore così alto di armi leggere potrebbe significare (lo testimoniano i controvalori di forniture simili recentemente fatte proprio verso la Libia) centinaia se non migliaia di fucili e pistole, oltre a possibili forniture anche di munizioni e granate. In pratica proprio le armi protagoniste maggiormente delle uccisioni in questi giorni di rivolta. Secondo quanto dichiarato ad Eu Observer da una fonte diplomatica dell’Unione europea (esperta delle documentazioni di autorizzazione per l‘export militare) tratterebbe di armi provenienti dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta di Gadone Valtrompia (Brescia). La ditta italiana ha però rifiutato qualsiasi commento affermando che “non risponde nel merito dei singoli trasferimenti”.

“I fatti che oggi denunciamo sono di una gravità inaudita – afferma Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. Se ancora ieri chiedevamo al governo e al parlamento di fare chiarezza e di bloccare la vendita di armi italiane alla Libia oggi non possiamo che provare un grande senso di vergogna e di dolore. Il governo deve dare subito delle spiegazioni su una situazione così problematica”. “Com’è potuto accadere? Chi sapeva? Chi ha taciuto? In quanti altri traffici siamo coinvolti? Il Parlamento deve intervenire subito. Mi auguro che nessun telegiornale, in particolare della Rai, il nostro servizio pubblico, si permetta di censurare questa denuncia e al contrario decida di chiedere conto ai principali responsabili della politica italiana”, conclude Lotti.
 
Questo caso di triangolazione, su cui chiediamo che sia fatta piena luce a breve, non è l’unico esempio di passaggio di armi leggere verso la Libia attraverso il nostro paese. “Nello stesso 2009 come ricostruito da un’inchiesta di Altreconomia poi rilanciata da altri organi di stampa – aggiunge Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo- la magistratura italiana aveva bloccato un possibile traffico di centinaia di migliaia di kalashnikov di produzione cinese che trafficanti italiani volevano vendere all’esercito di Gheddafi”.
 
Anche in quel caso si utilizzava (in maniera però pienamente illegale) la triangolazione verso paesi terzi e la gestione del trasporto attraverso società con sede estera per coprire la fornitura alla Libia di armi leggere. “Qui invece ci troviamo di fronte o ad un’autorizzazione rilasciata con leggerezza e in qualche misura schermata dal passaggio a Malta (tanto è vero che anche i dati europei nei sono stati tratti in inganno) oppure una vera e propria omissione per favorire il regime di Gheddafi, considerato ormai amico e funzionale alla nostra politica estera”. Quello che sicuramente si evince da questo caso è la necessità di un controllo ferreo su tutte le forniture di armamenti come Rete Italiana per il Disarmo chiede da anni al governo: “controlli che non devono ridursi a procedure formali ma devono essere sostanziali e ponderati, con prese di posizione forti anche negando contratti di vendita, perché qui ci troviamo di fronte ad armi e non caramelle. Armi che poi sono responsabili delle uccisioni e dei massacri che tutti vediamo e condanniamo in questi giorni”.
 
Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace esprimono quindi la loro preoccupazione anche per quanto riguarda la possibile modifica della nostra legge sull’export di armi a seguito del recepimento di alcune direttive europee (alcune di queste procedure sono ora in discussione al Parlamento inserite nella “legge Comunitaria”). “Non vorremo che con le nuove regole ed autorizzazioni ed una procedura di controllo ancora più debole quando si tratta di fornire armi attraverso partner europei (come ad esempio Malta) l’esempio di triangolazione di armi leggere verso la Libia sia solo il primo di tutta una serie di trasferimenti problematici di armi italiane”, commenta infine Giorgio Beretta.

Fonte: affaritaliani.libero.it

24 febbraio 2011

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LIBIA: ASS. PACIFISTE, DA ITALIA ARMI LEGGERE PER 79 MLN DI EURO 

''Nel 2009 l'Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del Colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere ad uso militare della ditta Beretta. E' anche con queste armi che l'esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione''. Questa la denuncia documentata dalla Rete Italiana per il Disarmo e dalla Tavola della Pace che chiedono al governo Berlusconi di rispondere urgentemente in merito.

Si tratta di armi che, sostengono i pacifisti, come avrebbe confermato direttamente a 'Rete Disarmo' un funzionario del Ministero degli Esteri di Malta sono ''di provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese''.

Il Ministero degli Esteri maltese avrebbe precisato poi che ''come confermato dall'ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il Governo libico'' e siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi, asottolineano ancora le realta' pacifiste, ''l'autorizzazione al traffico, comprese quelle doganali, sono state rilasciate senza problemi''.

Ma dalle Relazioni della Presidenza del Consiglio italiano sull'export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all'esportazione di quelle armi ne' a Malta ne' alla Libia, creando quindi un buco impressionante in termini di controllo.

''La notizia e' certa e documentata – ha affermato Giorgio Beretta di 'Unimondo' e analista della 'Rete Disarmo'. Il Rapporto dell'Unione Europea sull'esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l'anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia di 79.689.691 di euro. Si tratta di armi della categoria Ml 1 e cioe' armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, altre armi e armi automatiche di calibro 12,7 mm (calibro 0,50 pollici) e accessori e componenti appositamente progettati''.

Fonte: www.asca.it

24 febbraio 2011

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"ANCHE LE ARMI DI MALTA PARTIVANO DALL'ITALIA"

«Nel 2009 l'Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del Colonnello Gheddafi armi leggere a uso militare a marchio Beretta per una cifra di oltre 79 milioni di euro (che è la cifra che invece l'Unione europea attribuisce alla sola isola del Mediterraneo). Ed è anche con queste armi che l'esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione».
Questa la denuncia documentata dalla Rete italiana per il disarmo e dalla Tavola della pace che chiedono al governo Berlusconi di rispondere urgentemente in merito. Si tratta di armi che, come ha confermato direttamente alla Rete per il disarmo un funzionario del ministero degli Esteri di Malta, sono «di provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese», dove «non sono presenti fabbriche di armi e munizioni». Il ministero degli Esteri maltese ha precisato poi che «come confermato dall'ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il Governo libico» e siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi «le autorizzazioni al traffico – comprese quelle doganali – sono state rilasciate senza problemi».
ESPORTAZIONI NON AUTORIZZATE. «Ma», precisano le due associazioni pacifiste in una nota, «dalle relazioni della presidenza del Consiglio italiano sull'export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all'esportazione di quelle armi né a Malta né alla Libia, creando quindi un buco impressionante in termini di controllo». «La notizia è certa e documentata», afferma Giorgio Beretta di Unimondo, analista della Rete per il disarmo. Il Rapporto dell'Unione europea sull'esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l'anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia per 79 milioni 689 mila e 691 di euro. Si tratta di armi della categoria ML 1 e cioè armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, altre armi e armi automatiche di calibro 12,7 mm (calibro 0,50 pollici) e accessori e componenti appositamente progettati).
LA SMENTITA DI BERETTA.  Con un comunicato ufficiale, Beretta «smentisce seccamente e giudica priva di qualunque fondamento la notizia relativa ad una presunta fornitura di 79 milioni di euro di armi da parte dell’azienda al governo libico tramite Malta», precisando «di operare nel pieno rispetto dei regolamenti, normative e procedure che regolano la commercializzazione di armi a livello mondiale».

Fonte: www.lettera43.it

24 febbraio 2011

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ARMI ITALIANE PER TRIPOLI SENZA AUTORIZZAZIONE UFFICIALE

Lo sottolineano in una nota diffusa oggi la Rete Italiana per il Disarmo e la Tavola della Pace, chiedendo al governo italiano di rispondere in merito. “La notizia è certa e documentata” afferma Giorgio Beretta di Unimondo e analista della Rete Disarmo, “ il rapporto dell’Unione Europea sull’esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l’anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia per 79.689.691 euro”. Dalle relazioni della Presidenza del Consiglio italiano sull’export di armamenti, denunciano gli autori della nota, “non risulta alcuna autorizzazione all’esportazione di quelle armi né a Malta né alla Libia”. Anche i dati dell’Istat non segnalano per il 2009 alcuna esportazione di quel valore né a Malta né alla Libia; per quell’anno si parla solo di 390.584 di euro di armi, munizioni e loro parti ed accessori per Malta e per la Libia solo 8.171.698 di euro di forniture.

“Allora i casi sono due – sostiene Beretta – O una ditta italiana ha esportato queste armi senza l’autorizzazione del governo italiano, ma allora avrebbero dovuto essere bloccate dalle dogane maltesi, o come è più probabile, vi è stata un’autorizzazione da parte di qualche ufficio del Governo italiano che però non è stata mai notificata né nelle Relazioni al Parlamento né all’Unione Europea”.

Le armi inviate alla Libia in quel periodo, secondo la Rete per il Disarmo e la Tavola della Pace, sono di categoria Ml 1, ovvero armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, altre armi e armi automatiche di calibro 12,7 mm e accessori e componenti appositamente progettati. Il valore dei 79 milioni di euro potrebbe significare centinaia se non migliaia di fucili e pistole, oltre a possibili forniture anche di munizioni e granate.”In pratica proprio le armi protagoniste maggiormente delle uccisioni in questi giorni di rivolta” denunciano le due organizzazioni.

Secondo quanto dichiarato a EU Observer da una fonte diplomatica dell’Unione europea esperta delle documentazioni di autorizzazione per le esportazioni militari, si tratterebbe di armi provenienti dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta di Gadone Valtrompia (Brescia). La ditta italiana ha però rifiutato qualsiasi commento affermando che “non risponde nel merito dei singoli trasferimenti”.

“I fatti che oggi denunciamo sono di una gravità inaudita. Se ancora ieri chiedevamo al governo e al parlamento di fare chiarezza e di bloccare la vendita di armi italiane alla Libia oggi non possiamo che provare un grande senso di vergogna e di dolore” scrive Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace.

Questo caso di triangolazione non sarebbe è l’unico esempio di passaggio di armi leggere verso la Libia attraverso il nostro paese. Nel 2009, come ricostruito da un’inchiesta di Altreconomia, poi rilanciata da altri organi di stampa, la Magistratura italiana aveva bloccato un possibile traffico di centinaia di migliaia di Kalashnikov di produzione cinese che trafficanti italiani volevano vendere all’esercito di Gheddafi. Anche in quel caso si utilizzava, in maniera però pienamente illegale, la triangolazione verso paesi terzi e la gestione del trasporto attraverso società con sede estera per coprire la fornitura alla Libia di armi leggere.

Fonte: www.laperfettaletizia.com

24 febbraio 2011

 

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