All’Aquila è il giorno del dolore. Alle 11 i funerali di Stato


Daniele Mastrogiacomo


Nel grande spiazzo della Scuola ispettori della GdF si è lavorato tutta la notte. Il trasporto delle bare, il protocollo, il timore per le previsioni di pioggia.


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All'Aquila è il giorno del dolore. Alle 11 i funerali di Stato

L’AQUILA – E’ tutto pronto. L’altare al centro, le tremila sedie per i parenti e il pubblico, lo spazio riservato alle autorità. E, poi, davanti al tutti, allineate con cura, a gruppi di venti, distese su quattro, lunghi drappi rossi le 209 bare. La maggioranza di mogano chiaro. Alcune bianche, piccole, che racchiudono i bambini. Poggiate su quelle delle madri o dei padri, morti assieme a loro e insieme strappati alle macerie, quasi ad evocare un simbolo ancestrale. Oggi è il grande giorno. L’apice di questa grande, immensa tragedia. Il giorno dei funerali. Solenni, di Stato. Dove lo Stato si incontra con la gente. La sua gente. Con i morti e con i vivi. Uniti da destini diversi. Per pregare, ricordare, ammonire, promettere. Cambiare.

E’ tutto pronto nel grande piazzale della Scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di Finanza. Decine di volontari della protezione civile, di alpini, di ragazzi scout, di uomini e donne della Croce rossa hanno lavorato tutta la notte. Hanno rassettato la grande piazza d’armi, dove giurano ogni anno centinaia di aspiranti finanzieri, hanno allestito il grande altare dove verrà celebrata la cerimonia funebre, allineato le sedie, steso le moquette rosse che ospitano i feretri, scaricato dai camion i bagni ecologici. Sulla sinistra ci sono le televisioni. Camion e furgoni, molti con la targa estera. Sono venuti dalla Francia, dalla Croazia, qualcuno dalla Svezia. Con le parabole già posizionate, puntate verso i satelliti, i cavi che formano un serpente che si snoda fino alle telecamere delle diretta, montate su quattro torrette.

Il lavoro è andato avanti tutta la notte. Voci e ordini secchi, tra i rumori metallici dei telai che si annodano per creare una copertura. Oggi la meteo annuncia pioggia. Ma solo nel pomeriggio. Forse, con un po’ di fortuna, non sarà necessario ricorrere agli ombrelli e agli impermeabili di plastica. Si lavora a ritmi serrati, tra molte difficoltà. La caserma della scuola della Finanza, a quattro chilometri dal centro di L’Aquila, nel quartiere di Coppito, da domenica scorsa è diventata il cuore della macchina dei soccorsi. Ma anche dell’amministrazione della città, degli uffici giudiziari, di quelli militari, civili, finanziari. Tutte le sedi sono rimaste danneggiate dalla violenta scossa di cinque giorni fa. Anche questa caserma, una vera cittadella, mostra le sue crepe, con qualche calcinaggio subito raccolto. Stanotte ha vibrato a lungo. Il terremoto continua ad accanirsi. Guido Bertolaso, il regista dell’emergenza, ci ha installato il suo quartier generale. Chiama a raccolta i suoi colonelli e ogni giorno, fino a notte fonda, studia la strategia per sconfiggere il suo nemico di sempre.

E’ successo anche ieri sera. Ma la riunione è stata più lunga, divisa in due momenti. C’era da preparare la cerimonia, da definire piccoli ma importanti dettagli. E’ previsto l’arrivo di tutte le massime cariche dello Stato. Il presidente Napolitano, quello del Senato Schifani, della Camera Fini. E poi il presidente del Consiglio Berlusconi. L’arcivescovo de l’Aquila, rappresentanti del Vaticano. Nessuno vuole mancare. Alla fine si sono accodati in tanti. Il capo di Stato maggiore della Difesa, dell’arma dei Carabinieri, naturalmente quello della Finanza, il vero padrone di casa, il capo della Polizia. I posti sono assegnati con un criterio preciso. C’è un protocollo da rispettare. Che in questi casi assume un valore an cora più importante. Sappiamo quanto il premier tenga alla forma. E all’immagine. Come sempre ha voluto dettare personalemente alcuni dettagli che il suo staff ha trasmesso agli oragnizzatori. Il percorso di entrata, i posti a sedere. Dove, in che fila, in quale posizione. Così le telecamere delle tv, le luci, l’altare, i parenti, gli invitati, la folla. Si aspettano almeno cinquemila persone. Molti resteranno in piedi. Ci sono tremila sedie. Ma la gente, gli abitanti di L’Aquila, l’anima di questa tragedia non vuole mancare all’appuntamento. C’è la diretta tv. Ma la gente vive in tenda e le televisioni, in questi momenti dove manca tutto e si ha bisogno di tutto, sono gli ultimi oggetti presenti nei centri di raccolta.

La cerimonia inizia alle 11. Ma già alle 6, mentre si piazzano le ultime bare, la caserma inizia a svegliarsi. C’è il corpo di guardia all’ingresso, i primi pichetti che dirigono il flusso, che controllano, verificano, scrutano ogni movimento. Le autorità entreranno dall’ingresso sulla sinistra, verranno lasciate dai cortei di auto e si siederanno sul lato del piazzale. Al centro, nelle prime file, ci saranno i parenti, una decina per ogni vittima, e poi, dietro altri parenti, amici, conoscenti. Sulla destra, dietro la struttura della caserma, nelle vie adiacenti sosteranno i carri funebri. Ce ne saranno 209, uno per ogni morto. Attenderanno la fine della funzione, con l’omelia del vescovo, e del gran mufti. Perché si è deciso di fare una doppia cerimonia religiosa. Una cattolica e cristiana, una musulmana. Tra le vittime ci sono anche degli studenti islamici, morti sotto il crollo della casa dello Studente.

Fonte: Repubblica.it

10 aprile 2009

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