Ai rifugiati neanche le medicine


L’Osservatore Romano


La Open Arms da 5 giorni bloccata nei pressi dell’isola greca di Lesbo. Non concesso neanche lo sbarco di materiale sanitario


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Da cinque giorni la nave Open Arms è nelle acque prospicienti il porto di Mitilini, sull’isola greca di Lesbo: le autorità locali non hanno finora concesso lo sbarco di materiale sanitario destinato ai rifugiati dell’isola. Lo ha reso noto ieri la stessa Ong in un comunicato stampa. La nota ripercorre il travagliato cammino dell’imbarcazione, iniziato lo scorso aprile quando, dopo 100 giorni di blocco, la nave ha lasciato il porto di Barcellona per recarsi in Grecia: «Abbiamo fatto un primo scalo sull’isola di Samos — specifica la nota — dove non solo non ci hanno permesso di scaricare il materiale destinato ai rifugiati del campo, ma ci hanno subito invitato ad abbandonare il porto».

L’ordine di espulsione ha spinto l’equipaggio a recarsi nel vicino porto di Mitilini, a Lesbo. Venerdì scorso, alla nave è stato assegnato un attracco, ma le autorità greche non ne consentono l’ormeggio. Da quel momento, all’imbarcazione non è stato nemmeno concesso lo scarico degli aiuti umanitari. La Open Arms denuncia «cinque giorni di attesa senza che sia stata offerta alcuna soluzione. La solidarietà è vietata in Europa».

Un messaggio diretto all’Europa viene anche dalle Nazioni Unite, che ieri hanno criticato Malta per aver incriminato tre minori accusati di aver dirottato verso La Valletta il mercantile «El Hiblu 1» — che nel marzo scorso aveva soccorso nel Mediterraneo un totale di 108 migranti — contravvenendo, così, alle disposizioni internazionali della zona di «search and rescue», che impongono ai soccorritori il trasporto di migranti nei campi profughi libici. Secondo la portavoce Onu Ravina Shamdasani «i tre incriminati rischiano l’ergastolo». Shamdasani ha sottolineato che diversi migranti a bordo, tra cui alcuni bambini, presentavano «evidenti segni di tortura». Per le Nazioni Unite, «le accuse maltesi sono esagerate», poiché va tenuto conto che «la Libia non è un porto sicuro».

8 maggio 2019

Osservatore Romano 
 
 

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