Accordo Malta sui migranti: cosa cambia davvero?


Internazionale


I punti critici dell’accordo e la stretta sulle navi umanitarie delle ong.


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È stato raggiunto un accordo per il ricollocamento dei migranti al vertice che si è svolto alla Valletta il 23 settembre e a cui hanno partecipato i ministri dell’interno di Francia, Germania, Italia, Finlandia e Malta. L’accordo, che per il momento coinvolge solo quattro paesi ed è una bozza, sarà discusso con gli altri ministri dell’interno dei paesi membri dell’Unione europea il 7 e l’8 ottobre in Lussemburgo. La proposta sarà presentata dalla Finlandia, che ha la presidenza di turno dell’Unione europea. Ecco i punti dell’intesa sulla base di quello che ha dichiarato la ministra italiana Luciana Lamorgese al termine del vertice, non è circolata ancora la bozza dell’accordo.

I migranti che arrivano in Italia e a Malta e che sono soccorsi lungo la rotta del Mediterraneo centrale saranno redistribuiti nei diversi paesi europei nel giro di quattro settimane dall’approdo, superando il principio di paese di primo ingresso previsto dal Regolamento di Dublino. Per ora non sono stabilite quote di ricollocamento, che dipenderanno da quanti paesi aderiranno all’intesa.
Sarà previsto un meccanismo di rotazione volontaria dei porti di sbarco. Tuttavia se l’offerta dei porti di sbarco sarà volontaria, i porti principali rimarranno quelli italiani e maltesi.

I paesi europei potranno aderire all’intesa su base volontaria, ma per quelli che non aderiranno potrebbero essere previste delle sanzioni.

L’accordo riguarda i migranti che sono soccorsi in mare dalle organizzazioni non governative e dai mezzi militari, ma non riguarda i migranti che arrivano autonomamente e quelli che arrivano in Europa attraverso altre rotte come quella del Mediterraneo occidentale (Marocco-Spagna) e quella dell’Egeo (Turchia-Grecia).

La ministra dell’interno italiana Luciana Lamorgese si è detta soddisfatta dicendo che “l’Italia non è più sola e arrivare in Italia o arrivare a Malta vuol dire arrivare in Europa e su questo c’è ampia condivisione da parte di tutti”. La ministra ha confermato che rimarrà in piedi l’accordo che l’Italia ha sottoscritto con la Libia nel febbraio 2017 che prevede il finanziamento e l’addestramento della cosiddetta guardia costiera libica, un corpo formato da ex miliziani ed ex trafficanti che è stato accusato da diversi rapporti internazionali di aver violato i diritti umani e che solo qualche giorno fa è stato accusato di aver ucciso un rifugiato sudanese, intercettato in mare e riportato indietro a Tripoli.

I punti critici
Gli analisti rilevano alcune criticità nelle prime indiscrezioni che trapelano sull’accordo che riguarda esclusivamente la rotta del Mediterraneo centrale e solo una minoranza dei migranti arrivati lungo questa rotta.

Nel 2019 infatti su quasi settemila migranti arrivati in Italia lungo la rotta del Mediterraneo solo l’8 per cento è stato soccorso da mezzi navali, mentre la maggior parte dei migranti è arrivata in maniera autonoma direttamente sulla costa.

La rotazione dei porti di sbarco su base volontaria, richiesta dall’Italia, inoltre contraddice alcune norme internazionali che prevedono che i naufraghi siano fatti sbarcare il più velocemente possibile dopo il soccorso in mare.

Infine Grecia e Spagna (che sono i due paesi con più arrivi via mare nel 2019) potrebbero contestare l’accordo che riguarda solo i migranti arrivati in Italia e Malta lungo la rotta del Mediterraneo centrale, inoltre la volontarietà dell’accordo pone dei dubbi sulla sua efficacia sul lungo periodo e nel caso di un’eventuale maggiore pressione migratoria.

La posizione del governo italiano sugli accordi con la Libia e sul ruolo della guardia costiera libica rimane problematica: sono infatti largamente documentate le sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani compiute dai guardacoste nel paese nordafricano.

Internazionale

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Tutte le navi impegnate in operazioni di soccorso dovranno rispettare le istruzioni del competente centro di coordinamento, non dovranno spegnere i transponder e il sistema automatizzato di informazioni, non dovranno mandare segnali di luce né alcuna altra forma di comunicazione per facilitare la partenza di imbarcazioni che portano migranti dalle coste africane”. E soprattutto “non dovranno ostacolare le operazioni di ricerca e soccorso delle imbarcazioni ufficiali delle Guardie costiere, inclusa quella libica, e provvedere a specifiche misure di salvaguardia della sicurezza dei migranti e degli operatori a bordo”.

Nella bozza di accordo sul meccanismo di redistribuzione delle persone salvate nel Mediterraneo firmata lunedì a Malta c’è un capitolo che detta regole severe per le navi umanitarie.

Regole che ricalcano l’ossatura del codice di condotta ideato dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e firmato da quasi tutte le organizzazioni nel 2017. La linea, che ha trovato unanimità tra i ministri dell’Interno di Italia, Francia, Germania, Malta e Finlandia, è quella ribadita ieri dal premier Conte: “Non consentiremo alle Ong di decidere chi entrerà nel nostro Paese”.

 

Ieri mattina, per la prima volta da più di un anno a questa parte, una nave umanitaria, la Ocean Viking di Sos Mediterranée e Msf, è entrata “pacificamente” in un porto italiano, quello di Messina, per sbarcare 182 migranti che saranno distribuiti in diversi paesi. D’ora in avanti dovrebbe funzionare sempre così se l’Europa accetterà l’accordo siglato lunedì a La Valletta. Ma le Ong, che pure hanno salutato con prudente apprezzamento il patto di Malta, non avranno di certo vita facile.

Le supermulte previste dal decreto sicurezza bis spariranno, ma le regole rigide a cui dovranno uniformarsi resteranno. Anche nella legislazione italiana. I tecnici del Viminale e di Palazzo Chigi sono già al lavoro sulle linee guida indicate dal presidente della Repubblica Mattarella ma comunque le sanzioni ( con nuovi criteri) per chi dovesse violare eventuali divieti di ingresso in acque italiane e la confisca delle navi recidive non saranno cancellate anche se solo in casi estremi si arriverà a tanto.

L’Italia e gli altri paesi firmatari dell’accordo non intendono correre il rischio di una ripresa dei flussi migratori che saranno gestiti con “questo meccanismo temporaneo che — si legge nella bozza — non dovrà aprire nuovi percorsi irregolari verso le coste europee edovrà evitare la creazione di nuovi fattori di attrazione”. Condizione necessaria per cercare di allargare il più possibile, già dalla prossima riunione del Consiglio Affari interni della Ue dell’8 ottobre a Lussemburgo, la platea dei Paesi volontari. Con un’incognita su tutte, l’adesione di Spagna e Grecia, i due Paesi quest’anno interessati dal maggior numero di arrivi. Il ministro dell’Interno spagnolo Fernando Grande Marlaska ha espresso il suo disappunto per non essere stato invitato a Malta. La Spagna potrebbe pure starci ma ovviamente nella redistribuzione dovrebbero entrare anche i migranti soccorsi dalle navi del Salvamento marittimo, 20.000 solo quest’anno.

Repubblica 

25 settembre 2019

 

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