Salviamo la legge 185!


Alex Zanotelli


Per il ministro Crosetto la legge nata negli anni ’80 da una spinta popolare e di base va superata: frena l’industria in un contesto molto competitivo, come l’idea di «banca armata»


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Non ho mai visto un governo italiano, come questo della Meloni, cosÏ appiattito sul complesso militar industriale del nostro paese. E il braccio armato della Meloni è proprio il ministro della difesa: Guido Crosetto. Che, prima della nomina a ministro, era stato per otto anni presidente dell’AIAD, la confindustria delle imprese della difesa, un’imponente realtà con un fatturato di 16 miliardi e 50 mila dipendenti. Ed è proprio Crosetto che ora foraggia quelle aziende che ha rappresentato per 8 anni. Senza scordarci che è stato anche consulente della Leonardo (ex Finmeccanica), il colosso armiero del nostro paese e anche nel 2022, presidente di Orizzonti Sistemi Navali, società del settore detenuta al 51% da Fincantieri e per il 49% da Leonardo. Una volta tutto questo veniva bollato come «porte girevoli».

E purtroppo le spese in armi sono sempre più ingenti. Il ministro della difesa ha già destinato all’esercito, 4,2 miliardi di euro per 200 carri armati, alla Marina, 12 miliardi per la terza portaerei e il raddoppio della flotta e all’Aeronautica 8,7 miliardi per altri F-35 e Typhoon. Questo perché la Nato preme che ogni paese membro superi il 2% del PIL in armi, ma soprattutto perché la guerra in Ucraina sta spingendo tutti a investire in armi.

Il Parlamento Europeo ha da poco approvato l’ASAP (Act to Support Ammunition Production), ma ha anche approvato un’altra legge a sostegno della produzione di munizioni nella Ue per poter fornire all’Ucraina il materiale necessario per continuare a fare la guerra (i soldi potrebbero venire sia dal PNRR come dal Next Generation EU).
Il sostegno militare della Ue a Kiev è stato finora di 14 miliardi. «L’industria bellica europea deve passare alla modalità di guerra – ha affermato T. Breton, commissario al Mercato Unico – perché la guerra in Ucraina, che è stata all’inizio guerra di stock, sta diventando una vera guerra industriale». Breton ha già visitato e individuato 15 industrie militari in Europa che verranno finanziate dalla Ue dal 40 al 60% degli investimenti necessari, per arrivare fra un anno a un miliardo di munizioni.

Secondo il SIPRI, la spesa militare dello scorso anno nei paesi Ue è stata di 345 miliardi di euro, di cui circa 18 miliardi per la guerra in Ucraina. Il 30% in più rispetto al 2013. Tutto questo costituisce un salasso per i bilanci pubblici dei 27 paesi membri, ma soprattutto per l’Italia che ha un debito di 2750 miliardi di euro. E la cosa più assurda è che così non ci sono più soldi per la sanità, l’istruzione pubblica e per affronatre la crisi climatica.

Ma siamo ormai in pieno clima di guerra e nulla può bloccare questa folle corsa al riarmo, anzi «tutti gli ostacoli devono essere rimossi»: è quanto è emerso il 3 luglio scorso a Roma all’incontro dell’AIAD nel Centro Studi della Difesa, alla presenza di Crosetto e le massime autorità militari del paese. Il ministro e i «commercianti» della Difesa sono partiti subito all’attacco della legge 185 del 1990 che disciplina il controllo dello Stato sull’importazione ed esportazione di armi. Una legge nata negli anni ’80 dietro una grossa spinta popolare e sostenuta dalle realtà sindacali, ma soprattutto da tante realtà di base come Pax Christi, Acli, Scouts, Nigrizia…

Crosetto non ne vuole sapere della legge 185 perché secondo lui è un freno ad una attività industriale che è chiamata ad operare in un contesto internazionale molto competitivo. I «commercianti» della Difesa lamentano lungaggini, problemi autorizzativi di anche 6 – 8 mesi che pregiudicano la vendita di armi. Insomma, la 185 ingabbia. Quindi battaglia a viso aperto contro questa legge. Ma Crosetto se la prende anche con le «banche etiche». Il ministro trova assurdo che le banche arrivino a bloccare pagamenti per le armi, autorizzati dai diversi ministeri e che «decidano di chiudere i rubinetti ad attività del tutto legali»; «Perché una banca – afferma il ministro nel discorso finale – non dovrebbe supportare una operazione che è legale?». Di più: l’idea del Ministro è quella di creare «una banca ad hoc» per supportare l’export militare.

Tutto questo significa che la campagna contro le Banche Armate promossa da Nigrizia, Missione Oggi e Mosaico di Pace sta funzionando, per cui parecchie banche non vogliono essere tacciate di essere Banche Armate. Di qui l’importanza di rilanciare la Campagna, sponsorizzata finalmente anche dalle comunità cristiane, contro le Banche Armate.
Ma soprattutto mi appello alla società civile, a tutte le realtà di base dai sindacati ai movimenti, da Pax Christi ai Focolarini, dall’Azione Cattolica agli Scouts, dalle Acli a tutte le reti e comitati per la pace perché scendano in piazza in difesa della legge 185. Dobbiamo difenderla a denti stretti perché è l’unico freno legale che abbiamo per resistere a questa marea nera della produzione ed esportazione di armi.

Purtroppo il 3 agosto il Consiglio dei Ministri ha già approvato un disegno di legge “Norme sul controllo degli armamenti” per riformare la legge 185 trasferendo a Palazzo Chigi, cioè a Giorgia Meloni, l’indirizzo politico sulla compravendita di materiale bellico.

D’altronde il governo Meloni ha già fatto saltare il divieto di esportazione di armi e bombe all’Arabia Saudita per far guerra nello Yemen. Non possiamo permetterlo. Difendiamo la legge 185!

Fonte:Il manifesto
2 settembre 2023

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