Educhiamo alla cittadinanza globale!


La redazione


Pubblichiamo l’intervento di Marina Sereni, Vice Ministra degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, all’Assemblea Grande dell’Educazione Civica ( 19 aprile 2021) che ha aperto la Settimana Civica


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Marina Sereni 19 aprile 2021

 

 

Pubblichiamo l’intervento di Marina Sereni, Vice Ministra degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, all’Assemblea Grande dell’Educazione Civica ( 19 aprile 2021) che ha aperto la Settimana Civica

 

 

VEDI L’INTERVENTO SU YOUTUBE

 

Vi ringrazio molto per l’invito e per il lavoro che state facendo, ringrazio Flavio Lotti, Aluisi Tosolini e tutti gli organizzatori di questa bellissima settimana, anche se non avrò modo di poterla seguire tutta. È davvero importante per le istituzioni e per il Governo sapere che nei diversi livelli della società italiana ci siano soggetti come voi, che ci aiutano cioè a percorrere la strada sacra della democrazia, a cui faceva riferimento prima il Ministro Bianchi.

Introducendo questo incontro, Flavio Lotti ha detto che “cittadini si diventa” e questo è certamente vero anche se si considera la cittadinanza globale. Essere cittadini significa, come ci hanno spiegato benissimo prima i bambini, essere consapevoli dell’importanza dei propri diritti, che vanno custoditi come tesori. Ma l’educazione civica ci fa anche sapere che ad ogni diritto corrisponde un dovere. Si è cittadini a scuola, si è cittadini in famiglia, si è cittadini nel proprio quartiere, nella propria città, nel proprio paese. Ma poi si è anche cittadini del mondo.

L’educazione civica oggi ha dunque una dimensione non solo locale e nazionale, ma globale e per questo nel giugno scorso il Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo ha approvato la Strategia nazionale di educazione alla cittadinanza globale, un’educazione che offra gli strumenti per aumentare la consapevolezza della nostra interdipendenza e dei meccanismi, spesso ingiusti, alla base del sistema internazionale e per spingere ognuno ad un ruolo attivo per costruire un mondo più equo e inclusivo.

Cosa significhi un mondo interdipendente lo si è drammaticamente visto nell’ultimo anno con COVID-19. Esistono beni pubblici globali che possono essere difesi solo se sono per tutti, la salute è uno di questi. Non si può essere sani in un mondo malato, ha detto papa Francesco. Non torneremo sani se non ci preoccupiamo che i vaccini arrivino anche nei Paesi più poveri o che questi possano disporre di acqua, cibo e un sistema sanitario che impediscano la diffusione di malattie che non conoscono confini. Così come non conoscono confini il cambiamento climatico, il sottosviluppo e le guerre, che non sono più regionali e creano conseguenze, pensiamo alle migrazioni, su scala molto più ampia.

Possono sembrare fenomeni lontani ma poi scopriamo che sono molto vicini e dobbiamo occuparcene. Dobbiamo avere cura dell’ambiente. Tra qualche giorno è la Giornata Mondiale della Terra, che ci richiama ad avere cura del nostro pianeta perché “è l’unico che abbiamo”, come diceva una volta un bello slogan. Abbiamo solo questo pianeta e lo dobbiamo conservare non solo per noi, ma per quelli che verranno dopo di noi.

L’educazione alla cittadinanza globale è perciò l’insieme degli strumenti che possono farci prendere coscienza di questa forte interdipendenza, della necessità di vedere ciascuno nel suo piccolo che cosa può fare concretamente, attraverso i comportamenti quotidiani ma anche nelle scelte della vita, per contribuire al conseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che affrontano appunto questi temi di cui parlavamo: la lotta alla povertà, la lotta alla fame, la salute, il tema delle donne, e i diritti dei bambini.

Ora noi disponiamo di una strategia nazionale, con un ruolo importante dell’Agenzia Italiana della Cooperazione allo Sviluppo, che è lo strumento operativo del Ministero degli Affari Esteri per agire, e soprattutto concretizzare progetti che diano forma e sostanza all’idea della cittadinanza globale. In che modo? Mettendo insieme tutti gli attori, le università, le scuole, ma anche gli enti locali e il mondo della società civile, il terzo settore. In breve, tutti coloro che operano su scala internazionale nell’ambito della cooperazione allo sviluppo.

Uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 riguarda l’istruzione e l’educazione di qualità. C’è poi un’Agenzia delle Nazioni Unite, l’Unesco, nel quale peraltro vi è un’italiana, la professoressa Giannini, che dirige proprio il settore dell’educazione. In linea con l’azione ONU, noi vogliamo fare dell’educazione alla cittadinanza globale uno dei filoni prioritari della nostra Cooperazione, una sorta di prerequisito per avvicinare l’attuazione dell’intera Agenda 2030.

Concludo con una riflessione su che cosa si può fare nella vita, anche perché ci stanno ascoltando molti giovani. Si possono svolgere tanti mestieri, c’è chi decide di fare volontariato e i più svolgono quest’attività vicino a casa, naturalmente, ma c’è anche chi sceglie la cooperazione internazionale. E chi invece opta per la diplomazia.

Luca Attanasio è stato un giovane che ha scelto questa strada, quella della diplomazia, per poter non solo servire il proprio Paese ma anche per fare della cittadinanza globale la propria missione. Del mestiere d’ambasciatore esiste un’immagine stereotipata come di qualcuno che vive in una bolla, lontano dalla realtà. Ma, come ha scritto l’Ambasciatore Pasquale Ferrara ricordando Attanasio, la sua esperienza, che non si arrestava sulle porte della nostra ambasciata, ci fa invece pensare a una “diplomazia generativa” fondata sull’ascolto e sull’azione per l’umanità in difficoltà e per la pace”.

La diplomazia, scrive Ferrara, è agire per la pace, è l’alternativa alla guerra. Quindi, poiché mira alla pace, non può essere segnata dall’iperrealismo deve avere dei principi etici e deve sapere ascoltare il grido che viene dai più poveri, il grido della terra, il grido delle ingiustizie. Questa diplomazia della porta aperta e dell’ascolto è quella di cui abbiamo bisogno per superare gli steccati del pubblico-privato, del governativo-non governativo, del laico-religioso.

L’ultimo insegnamento che Pasquale Ferrara richiama è sul grande potenziale che la diplomazia professionale possiede, quando si articola con intelligenza e cuore, capacità e empatia, relazione e facilitazione. Luca Attanasi ha dato la vita per questo, per una “diplomazia generativa” e non perimetrale.

Ho scelto queste parole perché mi sono sembrate, tra le tante che sono spese nei giorni tragici della perdita di Luca Attanasio, le più adatte a non far dimenticare la sua figura di Attanasio, ma anche molto utili per i tanti giovani che possono in questo momento interrogarsi su cosa possono fare per cambiare il mondo. Una delle professioni che può essere scelta accanto ovviamente a tante altre è quella della diplomazia intesa in questo modo, una diplomazia che ha avuto in Luca Attanasio un grande esempio per noi tutti. Grazie e buon lavoro

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+