Contro la piaga del “me ne frego”


Cecilia Capanna


A 60 anni dalla prima Marcia Perugia Assisi e a 20 dall’11 settembre con un Afghanistan di nuovo incandescente, l’invito di Flavio Lotti a partecipare numerosi per dire insieme I CARE “mi interessa, mi sta a cuore”


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La Marcia Perugia Assisi compie 60 anni. Anche quest’anno, nell’assoluto rispetto delle disposizioni Covid, il festoso e coloratissimo corteo per la pace e la non-violenza partirà domenica 10 ottobre dai Giardini del Frontore di Perugia, stesso luogo da cui partì esattamente 60 anni fa, per concludersi alla Rocca Maggiore di Assisi.

Il momento storico che stiamo vivendo è difficilissimo, pieno di contraddizioni e di eventi nuovi che l’Umanità si trova a fronteggiare per la prima volta, oltre alle guerre e ai conflitti che continuano a colpire il mondo, come la preoccupante situazione in Afghanistan di questi giorni.

Ce ne ha parlato Flavio Lotti, organizzatore dell’evento e per 16 anni Coordinatore nazionale della Tavola della Pace:

“Dico a tutti che fare la marcia Perugia Assisi è come andare a fare un pieno di energie positive che ci servono per affrontare insieme i tempi difficili che stiamo vivendo. Venire alla marcia per dare voce a chi non ha voce. Invito tutti ad esserci perché l’emozione che sta provocando in questi giorni la tragedia dell’Afghanistan non può essere trattata come le mode di un momento.

Noi dovremo occuparci dell’Afghanistan anche tra un mese, anche quando i riflettori mediatici probabilmente si saranno girati da qualche altra parte. Abbiamo bosogno di prendere sul serio i problemi che ci attendono e di farlo insieme. Abbiamo bisogno di camminare insieme anche per scoprire la bellezza di fare cose insieme, di trovare soluzioni. In qualche modo, direi con uno slogan, di venire alla marcia a prendersi le vitamine della pace. (…)

Non sappiamo ancora quali uomini e donne della cultura decideranno di partecipare. Certo parteciperanno molte persone che sentono il morso della responsabilità, che sentono il dovere di compiere anche un gesto semplice come quello di partecipare ad una marcia della pace di fronte a grandi atrocità, tragedie, problemi che sollecitano una azione concreta.”

 

I CARE: il motto della Marcia Perugia Assisi 2021 omaggio a Gino Strada contro la piaga del “me ne frego”

60 anni fa, nel 1961, la prima Marcia Perugia Assisi per la pace e la non violenza fu lanciata da Aldo Capitini. Quell’anno parteciparono personaggi di spicco del panorama culturale italiano, intellettuali e artisti come Renato Guttuso e Italo Calvino. Quest’anno i due grandi presenti, sebbene purtroppo fisicamente assenti, saranno Don Lorenzo Milani e Gino Strada, a cui la marcia è dedicata. Al centro del messaggio della Perugia Assisi 2021 è “la cura”, a tal proposito è stato ripreso il motto di Don Milani “I CARE“, anche in onore di Gino Strada che ha dedicato la sua intera vita alla cura e che di essa è l’emblema.

Flavio Lotti ha spiegato che oltre al Covid-19 c’è un male più grande nel nostro tempo da curare urgentemente:

“C’è un altro virus che è per certi aspetti più potente e devastante, è il virus della rassegnazione e della indifferenza. Oramai in tantissime parti del nostro mondo la gente non crede più che si possano cambiare le cose e quindi semplicemente si rassegna in una lotta per la sopravvivenza, una sorta di fai-da-te che spesso è inconcludente e moltiplica le guerre, anzi le trasferisce dal mondo e le porta dentro la nostra società. Noi siamo dentro una società di indifferenti che cerca di coltivare il proprio tornaconto immediato, senza rendersi per altro conto che poi finiremo per pagare tutte le conseguenze di questo individualismo selvaggio che sta corrodendo le basi della convivenza umana.

Abbiamo pensato quest’anno di riproporre l’I CARE di Don Lorenzo Milani. La settimana prossima, il 4 settembre, saremo a Barbiana dove faremo una prima Marcia della Pace verso la scuola dove Don Milani iniziò un percorso educativo che poi è diventato un modello per centinaia di migliaia di insegnanti. Vale a dire un modello basato sull’educazione alla responsabilità, il contrario di quel “me ne frego” che aveva dominato un ventennio molto duro, molto triste, molto amaro, pesante negativo. Questo è importante per noi perché soprattutto dobbiamo riconoscere tutti che abbiamo tutti una possibilità concreta di fare qualche cosa per la pace.”

L’importanza di partecipare alla Marcia Perugia Assisi 2021 è stata sottolineata anche da Beppe Giulietti, Presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI): “Mai come questa volta bisognerà essere alla Marcia Perugia Assisi che riunirà chi davvero si prende cura della vita delle persone senza distinzione alcuna”.

 

La responsabilità di ciascuno di noi per costruire la “Società della Cura”

Partecipare alla Marcia Perugia Assisi è l’impegno minimo di ogni cittadino che desideri correggere cosa non va nella nostra società e nel mondo. Flavio Lotti ha insistito sulla responsabilità di ciascuno di noi nel cambiamento antropologico e culturale che porti alla costruzione di una società di pace, di cura reciproca:

“Di solito si parla di responsabilità dei governi ma c’è anche una responsabilità di ciascuno di noi. Il modo più concreto di dare una mano alla pace è quello di imparare a prenderci cura gli uni degli altri. Questo è una cosa molto semplice che possiamo fare ma che dobbiamo anche reimparare a fare. Spesso fatichiamo anche a prenderci cura di noi stessi, magari curiamo il nostro aspetto estetico e non curiamo il benessere della nostra mente, del nostro cuore.

Non sviluppiamo fino in fondo la nostra intelligenza positiva, non la mettiamo nemmeno a servizio dei nostri cari. Vediamo cosa succede dentro a tante famiglie dove si moltiplicano i femminicidi, dove i figli vengono spesso lasciati da soli a crescere in un mondo sempre più confuso e complesso”.

 

Marciare per sostenere le soluzioni agli obiettivi ONU 2030

Mancano meno di 10 anni per realizzare i 17 obiettivi dell’ONU per il 2030. La Marcia Perugia Assisi e il suo messaggio “I CARE” portano con sé anche le possibili soluzioni per risolvere i problemi che affliggono il nostro tempo. Flavio Lotti ha spiegato:

“I CARE” è anche una proposta per i prossimi 10 anni. Una proposta culturale e politica perché noi siamo convinti che di fronte ad una situazione così difficile e complessa, potremmo affrontare i grandi problemi del nostro tempo a cominciare dalla crisi climatica, soltanto se riusciremo a sviluppare la nostra capacità di CURA, sul piano personale e sul piano collettivo e a trasformare questi gesti di cura in comportamenti quotidiani e in azioni politiche che uniscano il territorio, i nostri quartieri fino alle Nazioni Unite.

Una politica di cura, una cultura della cura per costruire una Società della Cura. Se non riusciremo a prenderci cura gli uni degli altri, come abbiamo visto che siamo stati costretti a fare anche durante il tempo del lock down e ancora in questi mesi di pandemia, noi non riusciremo a cavarcela da soli. Quindi abbiamo bisogno di una grande presa di coscienza e di un grande cambiamento direi quasi antropologico, culturale. Dobbiamo rimettere insieme gli elemnti che contano e che ci possano aiutare ad avere un o? di pace anche tra di noi.

 

A 20 anni dall’11 settembre, l’amarezza di dire “Avevamo ragione”

Quest’anno saranno anche 20 anni dall’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Una settimana dopo l’attacco in Afghanistan che ne seguì, il 7 ottobre 2001 la Marcia Perugia Assisi vide la partecipazione più ampia della storia. Parteciparono oltre 300mila persone ma le scelte politiche come sappiamo furono per la guerra, con i risultati disastrosi che ancora oggi abbiamo sotto agli occhi. Proprio in questi giorni l’ISIS è tornata a colpire e il clima in Afganistan è tornato ad essere incandescente.

Flavio Lotti ha parlato anche di questa preoccupante situazione, mettendo in luce gli errori che furono fatti:

“In qualche modo è come se la realtà si fosse incaricata di spiegare a chi non ha ancora capito quanto drammatica sia la condizione del mondo oggi quanto sbagliate siano le ricette politiche che sono state applicate negli ultimi decenni. L’Afghanistan è proprio la prova del fallimento della strada che si è voluta imboccare dopo l’11 settembre ma che però purtroppo non ha riguardato solo le guerre, ha riguardato anche tutti gli altri grandi problemi dell’umanità che dobbiamo fronteggiare.

Penso al grande dramma della fame e della miseria nel mondo che anche a causa della pandemia continua a fare stragi di vite umane tutti i giorni. Penso al clima e a quel cambiamento di rotta che fin dall’inizio degli anni 90 era stato in qualche modo sollecitato dalle menti più attente e più accorte.

Purtroppo siamo qui a dover in qualche modo dire con amarezza “Avevamo ragione”. E questo è anche un po’ un paradosso: dire oggi “Avevamo ragione” è dire una cosa amara. Di solito si è contenti quando si ha ragione. Invece no, purtroppo non siamo contenti perché avevamo visto dei problemi, avevamo indicato delle soluzioni diverse e siamo rimasti inascoltati”.

 

La guerra non è la soluzione, è necessario rivoluzionare una politica in grave crisi

Flavio Lotti, organizzatore della Marcia Perugia Assisi e Coordinatore nazionale della Tavola della Pace
La marcia Perugia Assisi con “I CARE” sostiene la necessità di una rivoluzione politica, un cambio di rotta da parte delle élite. La gestione USA della situazione in Afghanistan sembrerebbe ripetere i vecchi errori e non tenere conto della lezione della storia. Lotti ha commentato:

“Credo che (Biden) sia rimasto a corto di parole e che si stia in qualche modo riproponendo il cliché che si ripete ogni volta che si viene colpiti, dimostrando in questo modo che non si vuole fare i conti con la realtà delle cose. Il modo in cui l’amministrazione americana ha ritirato le proprie truppe, costringendo anche tutti gli alleati a seguirli senza nemmeno informarli, senza coinvolgerli, senza alcuna strategia dignitosa di uscita da quel disastro di guerra, è la dimostrazione non solo di una ideologia che sicuramente viene sostenuta dall’industria delle armi, ma è in qualche modo figlia di quella che io chiamerei la grande crisi della politica che stiamo vivendo in questa nostra epoca.

Noi siamo prigionieri di questa grandissima crisi in cui i responsabili dei governi e delle istituzioni internazionali nel migliore dei casi sono impotenti e cioè non dispongono più delle leve che per altro c’erano 20 anni fa. 20 anni fa si potevano fare cose diverse e non è quella di porgere l’altra guancia. Certamente dopo una strage come quella dell’11 settembre bisognava reagire ma la guerra è stata il modo più sbagliato di reagire. Prima di tutto ha violato tutte le risoluzioni, tutta la carta dell’ONU stessa. La carta dell’ONU impone il divieto ai singoli stati di agire in prima persona se non per urgentissime necessità. In questo caso non c’era il pericolo che la minaccia venisse ripetuta nell’immediato. Il pericolo era che evidentemente il terrorismo potesse dilagare, diffondersi e gli USA, nel tentativo di uccidere i responsabili di quell’attentato – vorrei ricordare ci sono voluti 10 anni per catturare e ammazzare i capi di Al Qaeda senza per altro riuscire a sradicare questo cancro che oggi continua manifestarsi .

Bisognava scegliere un’altra strada che era quella della legalità internazionale. Bisognava dire contro il terrorismo da soli non possiamo vincere, dobbiamo metterci insieme tutti quanti e si doveva davvero nell’ambito delle Nazioni Unite costruire una risposta comune dell’Umanità che rifiuta questi atti di orrore e che quindi si impegna a contrastarli in ogni dove. Invece si è preferito imboccare la strada della guerra. (…)

In qualche modo abbiamo alimentato l’idea che anche il mondo occidentale civilizzato democratico non veda alternative alle guerre. Così facendo abbiamo allargato lo spazio di iniziativa dei signori della guerra, dei terroristi di ogni dove che oggi hanno per altro a disposizione le armi degli americani. Il paradosso è che noi abbiamo portato in quel paese, in Afghanistan, centinaia di migliaia di armi per combattere il terrorismo e poi abbiamo finito per regalare queste armi ai terroristi”

 

La rivoluzione antropologica e culturale parte dai giovani ma vengono ignorati

Insieme alla necessità di una rivoluzione politica, con la Marcia della Pace si sostiene e si promuove anche una rivoluzione antropologica e culturale che ha alla sua base i giovani. La Marcia ogni anno vede un’altissima partecipazione di ragazze e ragazzi. Ma i giovani hanno veramente un ruolo nella società di oggi? Sono interlocutori, sono consultati nell’ambito del dibattito politico? Abbiamo visto, parlando di clima, che Greta Thunberg si è fatta portavoce di masse immense di ragazzi che vengono ignorati, mentre lei è stata travolta dalla macchina del fango. Perché i giovani vengono tenuti fuori?

La risposta di Flavio Lotti:

“Perché purtroppo il sistema che abbiamo costruito dentro al quale siamo un po’ tutti coinvolti, non si prende cura delle giovani generazioni. Chi si prende cura delle nuove generazioni investe nella costruzione di un protagonismo dei giovani, crea spazi per i giovani, offre loro delle opportunità di crescita, di autonomia, sviluppa occasioni di dialogo e di riflessione comune. Invece noi siamo ancora dentro ad una società che dice in maniera estremamente retorica che i giovani sono il nostro futuro. E mentre ripetono questo ritornello in realtà pensano semplicemente a se stessi. Perché del futuro non glie ne frega più niente a nessuno, ognuno pensa al presente e quando collochi qualche cosa al futuro sembra qualsi che gli togli il valore. Invece i giovani dovrebbero essere presi in considerazione fin da quando sono piccoli, nell’infanzia.

Avremmo bisogno di investire su di loro per renderli protagonisti consapevoli del proprio tempo. Noi adulti purtroppo spesso finiamo per uccidere persino la loro speranza. La speranza è una risorsa naturale dei giovani che hanno tutta la vita davanti. Anche se vedono delle difficoltà sentono di voler tentare e molto spesso invece si trovano accanto degli adulti che sono rassegnati, frustrati. I giovani sono considerati qualche cosa di residuale nella nostra società. Non parlo delle parole che si spendono in tante occasioni come ora che siamo all’inizio del nuovo anno scolastico. Si parla delle riaperture, si parla della distanza ma non si parla per niente di cosa si va a fare a scuola, di come si deve fare scuola, di quali esperienze si devono fare a scuola. Così facendo continuiamo a sprecare enormi quantità di risorse e di energie positive che questi giovani hanno dentro di loro”.

 

La Marcia Perugia Assisi e i progetti per i giovani

L’educazione, la formazione, l’ascolto, dice Lotti, sono le chiavi per rendere i giovani protagonisti del cambiamento che la Marcia Perugia Assisi sostiene e promuove. Sono stati formulati molti progetti educativi che un gruppo sempre più ampio di insegnanti e di docenti stanno portando in giro. Insegnanti che vogliono mettere in discussione il loro modo di fare scuola, e cambiarlo: da quello che era spiegare una lezione, realizzare un’esperienza. Flavio Lotti a tal proposito ha raccontato le tre proposte molto concrete ai docenti:

  1. Fare in modo che la scuola sia uno spazio di riflessione su quello che sta succedendo in modo che i ragazzi possano veramente capire, approfondire riflettere e conoscere tutte le dimensioni di questo momento davvero unico, per certi aspetti drammatico ma anche originale che stiamo vivendo. I ragazzi non hanno più l’opportunità di dire quello che pensano, di raccontare quello che sentono. La scuola deve diventare invece uno spazio per ascoltare anche le loro angosce, le loro preoccupazioni, le loro idee.
  2. Far fare loro almeno durante l’anno una vera esperienza di cura. Devono imparare a prendersi cura della scuola, dell’ambiente in cui vivono, degli altri, della comunità. Devono fare dei percorsi educativi di cura. Questa è un’azione concreta che attraverso il service learning può diventare didattica della scuola.
  3. Impegnare i ragazzi in un laboratorio sul futuro. Bisogna coinvolgerli da subito nell’imparare a lavorare con il futuro, un futuro carico di incertezze, carico di rischi ma anche carico di opportunità.

Lotti ha spiegato:

“Loro vivranno dentro a questa realtà. Da qui al 2030 c’è un decennio che può passare rapidamente. A scuola si possono fare molte cose in 10 anni. Bisogna cominciare dalla scuola elementare a pensare al futuro. Il futuro è un elemento fondamentale che dipende dal presente. Abbiamo bisogno di modellare le cose che facciamo oggi in fuonzione di una costruzione di un futuro possibile, diverso da quello che oggi ci vien paventato.

L’impatto delle nostre azioni sul clima non è istantaneo, è basato sul tempo. Oggi paghiamo le conseguenze delle scelte fatte 20 anni fa e così dobbiamo capire quali sono le scelte che vogliamo fare oggi in funzione del mondo di domani ma i nostri ragazzi devono essere protagonisti di questo cambiamento fin da quando sono piccoli. Invece oggi i ragazzi sono molto in difficoltà perché non li si ascolta, non si dà loro la possibilità di ragionare insieme agli adulti, non li si impegna in attività concrete, spesso li si costringe a studiare delle cose di cui loro non percepiscono nemmeno il significato, il senso”.

 

Tutti in marcia da protagonisti, non da spettatori

L’invito di Flavio Lotti e di tutti i sostenitori della Marcia Perugia Assisi è dunque quello di partecipare quanto più numerosi possibile (QUI per aderire):

“Aiutateci ad organizzarla la Marcia Perugia Assisi. Ciascuno può fare qualche cosa coinvolgendo gli amici le amiche le scuole, le associazioni, i circoli ecc. Abbiamo bisogno di riscoprire l’importanza della partecipazione civile. Abbiamo bosogno che ci si senta protagonisti, non spettatori!”

 

Cecilia Capanna

Il Digitale.it

30 agosto 2021

 

 

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