Dopo i fatti violenti di Pisa, che fare?


Aluisi Tosolini


Dai fatti di Pisa emerge con ulteriore forza la necessità, per le scuole, di fare esercizi di pace. Concretamente. Giorno dopo giorno. Nonviolentemente.


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Abbiamo tutti visto e sentito cosa è accaduto venerdì a Firenze e a Pisa.

In particolare a Pisa la pacifica manifestazione di alcune centinaia di studenti del Liceo Russoli è stata dapprima bloccata in una stretta via ad imbuto e poi caricata violentemente dalla polizia che a colpi di manganellate si è accanita contro ragazzini e ragazzine quindicenni. Studenti che volevano solo entrare in piazza per chiedere pace in Medio Oriente percorrendo 210 metri dalla loro scuola alla sede del Comune.
Sin qui i fatti. Cui sono seguite decine di condanne e prese di posizione oltre a decine di manifestazione che continuano anche oggi in molte città italiane.

Nel tentativo di fare un passo ulteriore nell’analisi e nella riflessione su un fatto davvero gravissimo credo sia necessario tentare di leggere gli eventi secondo un’ottica educativa e pedagogica. Anche cercando di trasformare questo orribile episodio di violenza da parte dello Stato in un percorso di costruzione di pace.
Cerco di farlo andando per punti.
 
1) Si apprende dalle parole o dai fatti?
E’ l’eterno dilemma che vede contrapposte – dialetticamente ? – teoria e pratica. La domanda da porsi è allora la seguente: quando i ragazzini del Russoli sentiranno parlare di educazione civica, cittadinanza, rispetto dei diritti umani, cosa penseranno? Alle manganellate (pratica) della polizia o alle parole (teoria) di docenti, intellettuali, politici e via andare con l’elenco?
Rispondere è facile: venerdì a Pisa chi ha fatto lezione è stata la polizia. Lezione di violenza cieca e manganello. Un tempo si diceva: punirne (picchiarne) uno per educarne 100. Venerdì 23 febbraio 2024 questo è successo a Pisa: lo stato violento rappresentato dalla polizia ha detto chiaramente chi comanda. E come. E che valore ha il diritto costituzionale a manifestare il proprio pensiero e a chiedere, nonviolentemente, pace.
 
2) Scuola costituzionale con lo studente al centro
In contemporanea con i fatti di Pisa il ministro dell’Istruzione (e del merito !) interveniva alla Camera dei deputati ad un convegno dal titolo “Come nasce la Costituzione”. Queste, stando alle cronache, le parole del Ministro: “Se la Costituzione deve diventare la stella polare per chi opera nella politica, nella società, per chi viene da noi per la prima volta. Se la Costituzione deve essere quel momento unificante, credo che dobbiamo realizzare la Costituzione anche nella nostra scuola. Ecco perché io parlo sempre di scuola costituzionale”.
Tradotto possiamo chiederci: la Costituzione era la stella polare anche per la polizia di Pisa?
E quando il Ministro dice che occorre mettere studente al centro che cosa si deve davvero intendere? Ieri a Pisa la dizione corretta era questa: “studente al centro delle manganellate?”. Forse il Ministro deve pretendere dai suoi colleghi ministri, in primis in questo caso il ministro degli interni, un ripasso di Costituzione. E visto che tornano di moda i voti che voto darà il ministro ai fatti di Pisa e ai responsabili degli stessi? Nel dubbio, comunque, riandare al punto 1.
 
3) Educazione civica e patti di comunità
La Rete della scuole di pace assieme a RuniPace (la rete delle università italiane per la pace che ha per capofila proprio l’università di Pisa) da anni promuovono l’educazione alla pace, ai diritti, al rispetto, alla nonviolenza, punti chiave della disciplina trasversale Educazione Civica che la legge 92/2019 ha introdotto nelle scuole italiane. Gli articoli 8 e 9 della legge segnalano l’importanza per le scuole di aprirsi al territorio secondo la logica dei patti di comunità. Di certo gli studenti del Liceo Russoli leggeranno da oggi in poi in modo molto specifico il comma 1 dell’articolo 8 dove si dice: “l’insegnamento trasversale dell’educazione civica è integrato con esperienze extra-scolastiche, a partire dalla costituzione di reti anche di durata pluriennale con altri soggetti istituzionali…”. Di certo a Pisa sarà più complicato fare rete con la questura e la polizia.
A meno che il Questore e la polizia non chiedano pubblicamente scusa e rimedino ai danni inferti non solo ai singoli studenti ma all’intera comunità utilizzando la logica della giustizia riparativa (cfr. d. lgs. 10 ottobre 2022, n.150).
 
4) Esercizi di pace: una proposta
Dai fatti di Pisa emerge con ulteriore forza la necessità, per le scuole, di fare esercizi di pace.
Concretamente. Giorno dopo giorno. Nonviolentemente.
E fra questi esercizi di pace vi è di certo anche la necessità – da parte delle scuole – di tentare sempre e comunque di dialogare, di tenere aperti i legami che possono portare alla soluzione dei conflitti.
In tutta umiltà credo che i fatti violenti di Pisa possano diventare una occasione per mostrare come si fa pace. Come si agisce per uscire dalla violenza e per avviare la costruzione di un nuovo percorso.
Non nascondendo le responsabilità, non ricorrendo alla retorica dei soloni che si riempiono la bocca di slogan da contraddire due minuti dopo, ma assumendo coraggiosamente l’ottica della soluzione nonviolenta dei conflitti avviando un percorso inedito.
Un percorso capace di dare concretezza alla Costituzione creando un fatto nuovo capace di fare lezione a tutti: anche alle altre istituzioni.

 

FONTE: latecnicadellascuola.it 

(*) l’autore dell’articolo, Aluisi Tosolini, è coordinatore nazionale della Rete Scuole di Pace

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